Novembre 3, 2024

Il terzo tempo

"When the seagulls follow the trawler, it is because they think sardines will be thrown into the sea"

”Io e il Ligorna siamo cresciuti assieme” – La nostra intervista a Stefano Botta 

10 min read

Abbiamo fatto una lunghissima chiacchierata con Stefano Botta, capitano del Ligorna, società di Serie D arrivata ad un passo dai play-off quest’anno. Abbiamo ripercorso tutte le tappe principali della sua carriera, partendo dal settore giovanile al Lugano ed arrivando fino ad oggi (senza tralasciare i progetti futuri). Oltre a questo, le tante esperienze positive con le maglie di Genoa – con cui ha affrontato la Juventus di Del Piero, Nedved, Trezeguet e tanti altri campioni, apprendendo da un allenatore del calibro di Gasperini -, Cesena (guidato da Castori), Vicenza (dove ha conosciuto Maran) e non solo. 

Il protagonista della nostra intervista, foto: S.C.D. Ligorna

Ci teniamo, pertanto, a ringraziare vivamente la società per averci permesso per il secondo anno consecutivo di intervistare uno dei suoi giocatori – l’estate scorsa era stata la volta di Luca Miracoli – e l’atleta per la straordinaria disponibilità. 

“Oggi sei il capitano del Ligorna, un club genovese che ogni anno cerca di arrivare in zona play-off e, tra l’altro, il destino ha voluto che la tua carriera calcistica in italia cominciasse proprio qua, seppur con il Genoa: com’è il tuo rapporto con questa città?”

“Sarà il caso, ma alla fine la mia carriera da calciatore è iniziata, dopo Lugano, in Liguria e finirà qui, in Liguria. Io vivevo a Genova, quando giocavo nel Genoa, poi ho conosciuto mia moglie, abitiamo a Chiavari. Fortunatamente ho incontrato il direttore del Ligorna, verso la fine del mio percorso da atleta, e ho deciso di andare a giocare lì per gli ultimi anni. Nella prima stagione eravamo in Eccellenza, abbiamo vinto il campionato e adesso è la quinta stagione che sono al Ligorna: sono contento della scelta che ho fatto”. 

“Torniamo sul Lugano: è un settore giovanile importante, qual è la cosa più importante che hai imparato? Quanto è diverso il calcio svizzero dal nostro?”

“Avevo fatto un provino con il Como – ero stato anche preso – ma per me era un problema: risiedevo in un paese distante un’ora e un quarto dal loro centro sportivo e non riuscivo con la scuola. Quindi, abitando a 20 minuti da Lugano – sul confine – ho deciso di fare il settore giovanile in Svizzera: facevo avanti e indietro. La squadra era nella seconda divisione svizzera, lì è tutto molto inquadrato sulla tecnica di base: passaggi, controllo… poi ci sono tanti giocatori stranieri. Il loro focus è appunto più sulla tecnica che sulla forza fisica. Ho fatto 3 o 4 anni lì, poi sono andato a Genova, dove il calcio è vissuto in maniera molto più viva a 360°. È normale che in Italia sia di un altro livello”. 

“Il Genoa, al tuo arrivo, era in Serie C: come ti sei sentito quando avete ottenuto la promozione in B dopo i play-off, superando il Monza nel doppio confronto?” 

“Sicuramente una grande soddisfazione. Ero giovane – avevo 19 anni -, fino alla stagione prima giocavo sì a Lugano, però non mi ero ancora reso conto di quello che era successo, perché ho fatto dalla C alla B e dalla B alla A in due anni. In Svizzera magari venivano a vederci 1.000 persone, a Napoli 70.000: non ci si rende conto quasi della situazione quando si è così ragazzi; magari da una parte è stato anche un bene, perchè, comunque, a quei livelli, ci sono delle pressioni e, essendo giovane, magari non mi rendevo conto”. 

“Tra l’altro, nell’anno in Serie B con il Genoa, hai collezionato 25 presenze e siete stati promossi, arrivando alle spalle di Napoli e la Juventus – clamorosamente in quella categoria quell’anno -. A proposito di Bianconeri: hai giocato contro campioni come Buffon, Camoranesi, Del Piero, Nedved, Trezeguet e non solo: che emozione è stata?”

“Sono emozioni che ti rimangono per sempre, perchè poi giocavi contro dei campioni veri e propri. Quando sei in campo, con i tuoi tifosi, giochi perché devi giocare, però sono ricordi che adesso, magari, ripensandoci, dici:”Davvero sono riuscito a giocare contro questi campioni?”. Fortunatamente, poi, la stagione è terminata bene: siamo stati promossi senza dover fare i play-off”. 

“Dopo questo campionato ti sei trasferito al Cesena, una società con un obiettivo ben più umile, però hai comunque giocato tanto e avevi come mister Castori: qual è stato il suo più grande insegnamento?”

“Sono passato dal Genoa – dove giocavi per vincere – ad una società con grandi dirigenti dietro. Magari la prima si aspettava di meno da me, perché ero pur sempre un ragazzo, mentre a Cesena, dove l’obiettivo era salvarsi, era diverso: avevi più responsabilità. Su Castori, sicuramente una cosa importante che ho imparato è la capacità di soffrire, di non mollare fino alla fine. È, comunque, un allenatore che sa il fatto suo, perchè ha fatto un sacco di panchine, facendo diversi campionati importanti. È un tecnico di grande esperienza”. 

“A Vicenza hai trovato una grandissima continuità, andando a segno contro Cittadella, Crotone e Piacenza nella seconda stagione: quanto è stata positiva, per te, quell’annata?”

“Vicenza devo dire che, forse, dopo il Genoa, mi ha regalato il periodo migliore a livello calcistico. Ero in una piazza in cui mi sono trovato subito bene. Lì sono andato in prestito per la prima stagione e, avendo fatto un bel campionato, il club biancorosso mi ha riscattato e mi ha fatto altri tre anni di contratto: hanno avuto grande fiducia in me. Ero giovane, ma neanche così tanto, dunque sono riuscito ad esprimermi al meglio; sono stati campionati in cui si lottava sempre per la salvezza, ogni tanto arrivavamo a metà classifica, però, comunque, era un buon livello di Serie B. Devo dire che forse, tolto il Grifone – in cui ho vissuto le promozioni, però ero ragazzo -, sono stati probabilmente i miei momenti migliori: a Vicenza appunto, ero già diventato – si può dire – esperto e, in più, ero ancora nel pieno della carriera”. 

“Lì, tra l’altro, hai avuto Maran, un allenatore che ha fatto tanta strada: quanto è stato importante per te lui?”

“Con Maran ho avuto un ottimo rapporto: l’ho avuto due anni e mi sono sempre trovato bene. È un allenatore molto sereno, che ti fa stare bene, che dà tanta fiducia ai ragazzi. Nella stagione antecedente ho avuto Gregucci, poi lui, con cui, forse, a livello di nome, è il momento in cui sono esploso maggiormente”. 

“Sei poi passato alla Ternana: cosa ti è rimasto impresso di quella stagione?”

“Con la Ternana, in poche parole, c’è stata questa situazione: io ero in scadenza a Vicenza, mi avevano proposto il rinnovo, io avevo rifiutato, poi ho avuto un infortunio, quindi ci sono stati dei momenti di incomprensione, in cui, alla fine, non abbiamo trovato un accordo. I Rossoverdi erano una formazione neopromossa: ero convinto della decisione. Non mi spostavo da un po’ di anni e, dunque, non è stata una situazione semplice, anche perchè sono rimasto fermo in estate: mi sono aggregato quando loro avevano già iniziato il ritiro, quindi c’è voluto un po’ di adattamento. Poi è una piazza che fa calcio, perchè, comunque, negli anni successivi è sempre rimasta tra i professionisti, quindi è appunto una città importante e devo dire che mi sono trovato bene, però poi ho avuto l’occasione di andare all’Entella, a Chiavari. Era un posto che io volevo vivere, poichè lo conoscevo già da quando avevo giocato al Genoa: è vero che era in Lega Pro e che, dunque, sarei sceso di categoria, però sapevo che si sarebbe potuto vincere il campionato e ho fatto questa scelta”. 

“A proposito di Entella, seppur siate “retrocessi”, hai collezionato 30 presenze: come hai vissuto quel campionato? E poi, visto che sei passato alla Lucchese, sei riuscito a vivere serenamente il trasferimento dalla B alla C?”

“In quell’anno, all’Entella, dopo la promozione, ho fatto una buona annata in B – ho giocato spesso -, ma mi sono fatto male e ho saltato proprio l’ultimo mese e mezzo, dove ci giocavamo i play-out e la salvezza. Poi, nonostante tutto, la retrocessione non è avvenuta perché al Catania fu data una penalizzazione, di conseguenza la squadra in cui militavo fu riammessa senza fare ripescaggio. Io pensavo che sarei rimasto in biancoceleste, ma l’allenatore aveva fatto scelte differenti: sono rimasto fermo 6 mesi, dopodichè ho deciso di firmare alla Lucchese, perchè, comunque, volevo ripartire: aspettavo delle situazioni che mi andassero a genio. Quindi, dopo Chiavari, mi sono trasferito in Toscana: ho fatto 6 mesi in cui mi sono rimesso in gioco, poi ho avuto l’occasione di passare alla Reggina. È vero che era lontano e al sud non c’ero mai stato, però ho deciso di fare questa scelta: Reggio Calabria è stato uno dei posti in cui ho vissuto meglio. Sarei rimasto anche un altro anno, ma, per difficoltà societarie, non c’è stato modo”. 

“Hai giocato qualche partita con la fascia da capitano, tra l’altro”.

“Sì, lì iniziavo comunque ad avere un’età in cui ero maturo: non ero tra i più vecchi, però tra i giocatori con più presenze a livello calcistico. C’era Coralli, che era il capitano: io ero il vice”. 

“Quanto ti rimangono, specialmente nei passaggi di categoria, gli insegnamenti degli allenatori avuti in precedenza? Sei stato allenato a Genova da Gasperini e hai giocato con Juric, tra l’altro”. 

“Sicuramente uno tra gli insegnamenti più importanti è stato capire l’importanza del risultato, perché, comunque, non sei più un ragazzo. Sai che ci sono società che spendono dei soldi, che hanno degli obiettivi e, se non li raggiungi, rischi di causare danni all’intero club, anche proprio a livello di settore giovanile. C’è tanto in ballo e ti fanno intendere il calciatore come lavoro, magari da più giovane non lo consideri ancora così. Ci sono situazioni – per esempio le retrocessioni dalla C alla B – che ti portano a rischiare di fallire, considerando tutti i dipendenti che ci sono all’interno. Quindi impari l’importanza di tagliare i traguardi che ci si prefissa”. 

“Sei passato al Bassano, che, comunque, occupava le posizioni alte della classifica. Hai giocato 79 minuti ai play-off, tra l’altro. Quanto è stata importante, per te, quell’annata?”

“Eravamo una squadra di buon livello, che puntava ai play-off. Nelle prime 10-12 partite mi sembrava fossimo addirittura primi in campionato, poi, sfortunatamente, non siamo riusciti a mantenere la vetta. Abbiamo fatto i play-off e siamo usciti con la Reggiana, che, comunque, era una signora squadra. Devo dire che comunque è stata una bella esperienza, perché eravamo nello stadio in cui gioca il Sassuolo. Fu un’annata davvero importante, avevamo una squadra forte. Io, poi, a fine stagione andai a Pesaro”.

“Dove hai giocato tanto ma hai avuto anche problemi fisici”. 

“Il primo anno – cercavamo di  salvarci, perché eravamo una neopromossa – ho sempre giocato. Ho rinnovato l’anno successivo, ma ho iniziato ad avere problemi ad un polpaccio e ho disputato solo 5 partite, ma ho avuto sempre grossi problemi e non riuscivo a recuperare. Poi c’è stato anche il Covid: gli ultimi 3-4 mesi non si è più giocato, noi eravamo salvi e non abbiamo nemmeno dovuto fare i play-out o i play-off. E lì mi sono detto – all’età di 32-33 anni -: “Basta, ritorno a Chiavari”, poiché, nel periodo all’Entella, avevo preso casa qua, quindi ho detto:”Rimango qua”. E, nell’estate, ho avuto il contatto del direttore e del presidente del Ligorna: era una realtà di Eccellenza che puntava a vincere, ho aspettato un mesetto e ho deciso di accettare la loro offerta”.

“Non sei, tra l’altro, l’unico ad aver preso questa scelta, perchè, negli anni scorsi, a Ligorna, ci sono stati anche Rizzo e Damonte: come ti sei trovato con loro?”

“Benissimo, si vede che sono giocatori che hanno fatto categorie differenti, proprio al livello del lavoro o, comunque, a livello professionale. Quest’anno, poi, c’era Miracoli, comunque persone che hanno sempre fatto il calcio nel professionismo e quindi, adesso, quando scendono di categoria, portano esperienza e professionalità a livello calcistico, perché, negli ultimi anni, è successo spesso che giocatori di categorie superiori scendessero e andassero in realtà magari dilettantistiche, alzando il livello professionale. E così anche la società cresce, perchè l’obiettivo del Ligorna è sempre stato questo: siamo partiti dall’Eccellenza, oggi si tratta di una società di Serie D, l’anno scorso siamo arrivati ai play-off, quest’anno abbiamo concluso il campionato in sesta piazza, dunque, per l’appunto, si cerca sempre di mantenere un bel livello”. 

“Hai citato Luca Miracoli, che abbiamo intervistato – grazie alla disponibilità della vostra società – l’estate scorsa:”Botta non ha bisogno di presentazioni” ha detto. Come ti trovi con lui?” 

“Luca l’avevo conosciuto in passato, perchè ci ho giocato contro, quindi è un ragazzo sempre solare, che, a livello qualitativo, ti dà una garanzia, perchè, quest’anno, pur partendo con qualche difficoltà – è normale quando scendi di categoria, perchè magari sei abituato con il pallone che ti arriva sempre in un certo modo, in maniera perfetta, magari in D è più difficile – ha fatto 18 gol e ci ha quasi portato ai play-off. È un giocatore fondamentale per il Ligorna. Anche lui è di Genova: per il Ligorna è stato un ottimo affare”. 

“La società ha rinnovato sia il tuo contratto che quello di Scannapieco: quanto sei contento per questo riconoscimento? Cosa puoi dirci sul tuo compagno, un giovane decisamente promettente?”

“Sono contento: è sempre stato il mio obiettivo. Quando mi sono legato a questa società – siamo partiti in Eccellenza insieme, quindi siamo cresciuti assieme -, volevo fare un altro anno da calciatore – anche se vado per i 38 adesso – e sono felice per il rinnovo, perchè mi sento stimato da questa realtà. E, comunque, con Paolo Scannapieco è un rapporto che va oltre al calcio, perché sono 4 anni che giochiamo assieme. È un atleta che, secondo me, ha avuto la sfortuna di uscire dalla primavera del Genoa senza avere mai un’opportunità tra i professionisti  e, quindi, è rimasto sempre tra quelli che sono etichettati come “dilettanti”, ma, a livello di potenziale, è un difensore che sicuramente può fare una categoria superiore. Il problema suo è che ormai ha 27 anni, quindi è difficile, ma mai dire mai, perchè il Sestri Levante, che ha vinto il campionato, per esempio, ha atleti che non avevano mai fatto categorie superiori e si sono ritrovati in Lega Pro, giocando senza alcun tipo di timore”. 

“Una volta terminata la carriera da calciatore, ti piacerebbe cominciare ad allenare? Sicuramente, non ti mancano le fonti di ispirazione, visto che, come già detto, hai giocato con Juric e hai avuto mister come Gasperini, Castori, Maran e non solo”.

“Io il patentino l’ho già fatto: sicuramente questo è l’obiettivo futuro. Serve esperienza, perchè giocare ed allenare sono due cose diverse, quindi bisognerà imparare, tramite il settore giovanile o facendo il secondo, prima di poter pensare appunto di fare il tecnico, perchè, in questo momento, tutti pensano di essere mister, ma farlo per davvero non è semplice e lo vediamo”.

Lascia un commento