Ottobre 14, 2024

Il terzo tempo

"When the seagulls follow the trawler, it is because they think sardines will be thrown into the sea"

”Il segreto per tutto è credere in sé stessi e avere disciplina” – La nostra intervista a Lorenzo Marcantognini, attaccante della Nazionale Italiana di Calcio Amputati

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A distanza di un anno, siamo tornati a parlare del calcio amputati. L’anno scorso, infatti, avevamo intervistato Francesco Messori, fondatore e capitano di questo movimento. Questa volta, abbiamo avuto modo di fare una lunga chiacchierata con Lorenzo Marcantognini. Operato a 4 anni per una malformazione – non aveva la tibia della gamba sinistra -, comincia a praticare questa disciplina dopo che la sorella legge un post dello stesso Francesco Messori. Dopo un’esperienza allo Sporting Amp Football, si trasferisce in Polonia: è il primo giocatore italiano a militare in un campionato estero. Oltre all’esperienza con i club, però, la favola della nazionale: nel 2018, a soli 15 anni, gioca il suo primo Mondiale grazie ad una deroga e, nel 2022, si ripete in Turchia, andando, peraltro, a segno più di una volta. Nella vita di Lorenzo, però, non c’è soltanto il calcio, ma anche l’atletica, uno sport che inizia a praticare nel 2015 e che lo vede collezionare diverse medaglie. Ma, ovviamente, non è finita qua, perchè, tra le tante altre cose, ci ha raccontato quando, nel 2017, ha incontrato il suo idolo, ovvero Alessandro Del Piero. Dunque, se volete approfondire un mondo come questo, vi consigliamo vivamente di leggerla. 

Ci teniamo, pertanto, a ringraziare Lorenzo per la grande disponibilità e per averci raccontato tutto quello che leggerete in questa lunga intervista. 

Calcio e atletica: Lorenzo Marcantognini ritratto in due foto mentre pratica le sue più grandi passioni

“Parlaci un po’ di te, della tua storia, delle tue passioni e del calcio amputati”

“Io ho dovuto amputare la gamba all’età di 4 anni per una malformazione: ero nato, in pratica, senza tibia nella gamba sinistra. Quindi avevo questa gamba che era molle e non poteva essere usata né per camminare né per qualsiasi altra cosa. I miei genitori hanno girato per tutta l’Europa e per tutto il mondo e, alla fine, hanno trovato una soluzione vicino a casa, cioè a Bologna, all’ospedale Rizzoli, dove i medici hanno consigliato di amputare l’arto, perchè avrei avuto una vita migliore e, infatti, avevano ragione loro, diciamo. Da lì è nata la mia seconda vita, poi ho iniziato a giocare a calcio circa all’età di 8 anni, grazie anche ai miei amici e alla mia famiglia. Successivamente mi sono tolto tante soddisfazioni, sia a livello personale che di squadra, sia con il calcio che con l’atletica, che ho iniziato nel 2015. Quindi sì, pratico anche atletica”.

Lorenzo al campo, mentre coltiva una delle sue più grandi passioni

“A proposito, ho letto che hai giocato nello Sporting Amp Football: come ti sei avvicinato al calcio amputati? Com’è il tuo rapporto con Francesco Messori?”

“Mi sono avvicinato al calcio amputati grazie a Francesco Messori, che aveva messo un post su Facebook, visto poi da mia sorella – devo tanto anche a lei, alla mia famiglia -, ci siamo messaggiati e ci siamo incontrati per il primo raduno “non ufficiale” a Cremona. E, da lì, mi ha condiviso un suo sogno, quello che voleva creare ed è nato, mano a mano, tutto, nonché la mia passione per il calcio amputati. Anche se prima giocavo con la protesi, mi sono dovuto “riadattare”, perchè ho iniziato a giocare con le stampelle. Con Francesco siamo molto legati, perché ci conosciamo da quando eravamo piccoli – io ero molto più piccolo di lui – e da quando è nata la nazionale, quindi diciamo che io e lui siamo nati con la nazionale: abbiamo un grande rapporto”.

L’attaccante della nazionale, qui in campo con lo Sporting Amp Football

“Parlando sempre di Messori, l’anno scorso l’abbiamo intervistato e ha detto:”La cosa più importante per me è aver tirato fuori dalla fossa tanti ragazzi che pensavano che fosse finita lì, che non sarebbero più tornati a giocare a calcio, ad inseguire la loro passione”. Cosa pensi di quest’affermazione?”

“Sicuramente è stato un grande aiuto anche lui, perché, senza di lui, non credo che si sarebbe creata la nazionale. Poi bisogna anche capire la differenza tra me e tanti altri ragazzi: io, come Franci, “sono nato” senza una gamba, perchè ho subito l’amputazione a 4 anni, ma io, dell’intervento, non mi ricordo molto, quindi, per me, è come se ci fossi nato. Ci sono tanti ragazzi della nazionale, invece, che hanno subito un incidente quando erano più grandi e lì, sicuramente, Francesco ha dato un supporto ancora più grande, rispetto a quello che ha dato a me. Dico così perché loro veramente si sono ritrovati in una situazione di grande difficoltà e il calcio – la nazionale – gli ha dato una grande mano. Per me Francesco è veramente una persona importante e speciale, però diciamo che, come per me, lo è stato per tante altre persone”. 

“Rimaniamo sulla nazionale: raccontaci il Mondiale del 2018, giocato, tra l’altro, a soli 15 anni, grazie ad una deroga, perché l’età minima per scendere in campo, se non sbaglio, era di 16…”

“Esatto, quella è stata una grandissima emozione, perchè, anche grazie alla Federazione, ho potuto partecipare, poichè, come hai detto tu, quella deroga mi ha salvato. Avrei compiuto 16 anni qualche giorno dopo la fine del torneo e mi sarei mangiato le mani se non avessi partecipato. Invece, grazie appunto a questa deroga, sono andato e ho disputato anche un Mondiale da protagonista, perché, comunque, ho giocato tutte le partite ed è stata una grande esperienza. Per di più, era la prima Coppa del Mondo vissuta da giocatore e, quindi, è stata per me una grande emozione, soprattutto perché là in Messico è stato fantastico. Sono sicuro che avremmo potuto raggiungere un risultato migliore, ma fa tutto parte del percorso”. 

L’attaccante azzurro in un impegno con la nazionale

“Che emozione si prova ad essere il primo giocatore italiano ad andare all’estero?”

“Sì, anche questa è un’esperienza davvero importante, perché essere acquistato da un’altra squadra, da un altro Paese, quindi sentirsi la responsabilità di persone che credono in te e che hanno cercato tra tanti ragazzi te, è una grande emozione. Poi, essendo stato il primo, mi sentivo anche un po’ di rappresentare la nazionale, l’Italia e, soprattutto, le persone che mi vogliono bene. Quindi è stato davvero appassionante, sono felice che mi abbiano chiamato, che mi abbiano contattato come primo giocatore italiano e adesso sto continuando questo percorso con questa squadra polacca. Allora, evidentemente, il primo anno è andato bene ed è stata una grande, anzi, grandissima emozione”. 

Lorenzo esulta dopo essere andato a segno

“Ho riguardato con piacere un’intervista che ti hanno fatto Ventola e Vieri alla Bobo TV e mi ha colpito la parte in cui hai spiegato la differenza tra il calcio amputati nel nostro Paese e il calcio amputati in Polonia: perchè, secondo te, siamo così indietro in Italia?”

“Per fortuna, devo dire che, da qualche anno a questa parte, il movimento di sport paralimpico è cresciuto molto, grazie anche a tanti risultati alle Paralimpiadi, come quelle di Bebe Vio, che conosco personalmente, o di Ambra Sabatini – conosco anche lei -: sono due ragazze fenomenali, umilissime e fortissime soprattutto. Grazie a loro si è mosso veramente tanto lo sport paralimpico, però il calcio amputati è rimasto un po’ indietro in Italia anche perchè, non essendo sport paralimpico, non va alle paralimpiadi. E, in questo, il nostro Paese perde molto: sono sicuro che se andasse appunto alle Olimpiadi avrebbe tutto un’altra svolta, potremmo dire. Secondo me, siamo indietro rispetto ad altri paesi come la Polonia, che ha, ad esempio, tanti ambasciatori di spessore, come Robert Lewandowski, il calciatore simbolo della nazione intera. E lui è uno dei primi rappresentanti del calcio amputati, quindi potete immaginare che abbia una grande rilevanza mediatica e una grande importanza”.

Un’immagine di Lorenzo in campo

“Il Mondiale del 2022?”

“Per me è stato il migliore che abbia mai disputato sicuramente. Va bene che ne ho giocati due, però questo posso considerarlo il più bello, a parer mio, perchè, oltre ad essere entrati nella top 8 delle nazioni del mondo con l’Italia – è stato un grande successo, perché solo due squadre europee sono arrivate ai quarti e la prima è la Turchia, che ha vinto il titolo -, quindi è stato anche un grande risultato per noi. E poi è stato speciale per me, perché ho segnato diversi gol abbastanza importanti, che ci hanno permesso di raggiungere questo obiettivo, come, per esempio, quello all’ultimo minuto contro l’Iran, se non sbaglio, oppure come la rete del 2-1 contro l’Uruguay, che ci ha permesso di passare il girone: è stato veramente veramente emozionante, perché è stato uno dei primi tornei internazionali in cui timbravo più volte il cartellino”.

Il protagonista delle nostra intervista con la maglia della nazionale

“In quel Mondiale, inoltre, hai segnato diversi gol e, purtroppo, collezionato anche un’espulsione. Tuttavia, mi ha colpito il fatto che, se non sbaglio, un tuo compagno di squadra, in una partita, ha affrontato una formazione composta da giocatori che aveva visto sul fronte, in guerra”.

“Noi abbiamo affrontato l’Iraq, nella prima partita ai gironi: ho fatto un gol ed è stata, anche lì, un’altra emozione, perchè poi ho scoperto che era venuto mio padre a vedermi. E, prima di quel match, il nostro difensore Salvatore Lamanna ci ha parlato, comunque sia, della possibilità che ci fosse qualcuno che lui aveva già visto sul fronte. Quella è stata, per me, una cosa che, appena l’ho sentita, mi ha fatto venire i brividi, perchè, se ci pensi, è una cosa veramente incredibile che si siano visti in due momenti diversi della loro vita, per poi ritrovarsi su un campo da calcio, sempre da rivali, ma in altre vesti, come potete immaginare. Ribadisco: da brividi davvero. La partita in cui sono stato espulso, invece, è stata quella successiva, con l’Uruguay, dove ho segnato, ma poi ho preso un cartellino rosso. Quella era la seconda gara del girone e, avendo ricevuto questo provvedimento disciplinare, ho dovuto saltare il terzo match, contro l’Angola. Sono tornato agli ottavi per giocare contro l’Iran e, anche lì, ho trovato la gioia personale”. 

Un’altra immagine che ritrae Lorenzo in maglia azzurra

“Nel 2017 hai incontrato Del Piero: cos’hai provato?”

“Quel momento è stato per me fantastico, anche perchè Alex Del Piero, quando ero piccolo, era il mio più grande idolo a livello calcistico, poichè era della Juve – la mia squadra del cuore -, era capitano e non era eccezionale solo come calciatore, ma anche come persona. E l’ho potuto vivere di persona, incontrandolo nel 2017, grazie ai miei genitori e all’associazione di Bebe Vio art4sport. E lì è stata un’emozione unica, perchè ho avuto l’opportunità di parlarci, di scambiarci idee… anche se, in quel momento, non mi veniva in mente niente, perchè l’emozione era così tanta che non riuscivo neanche a parlare quasi. Poi l’ho incontrato anche più avanti, però quella è stata la prima volta ed è stata davvero fenomenale”. 

“Ti sei allenato anche con il Chelsea, hai pure una maglia autografata da Tuchel: raccontaci quell’esperienza”. 

“È stato fantastico, anche perchè Tuchel l’ho conosciuto ad un evento, al festival della Gazzetta dello Sport, a Trento. E ho trovato, prima che un allenatore vincente, una persona unica: credo che, tra tutte quelle che ho incontrato, sia stata una di quelle più umili e disponibili di tutto il panorama calcistico. Ci teneva particolarmente ad avermi lì, con lui, a Londra: mi ha invitato, come avete detto voi, ad un allenamento con la squadra e a vedere una partita allo stadio – Chelsea-Juventus, finita 4-0 per il Chelsea, ma va bene lo stesso, in fondo, in quel momento ero con i Blues – ed è stata una sensazione straordinaria. Oltre tutto, il giorno stesso della partita, in cui gli ho scritto, lui è stato disponibilissimo e ci siamo incontrati: gli ho regalato la mia maglia e lui non se lo aspettava. Dopo che gliel’ho firmata, mi ha detto di andare allo store del Chelsea dove avrei potuto prendere quello che volevo, senza farmi problemi. Anche lì è stato gentilissimo e super disponibile, quindi questo è uno dei ricordi più belli che ho”.

“L’anno scorso il Puskas Award è stato vinto da un giocatore che, proprio come te, gioca nel calcio amputati: secondo te, questa si può considerare una vittoria per tutto il calcio amputati appunto?”

“Sicuramente sì, anche perché questo premio ha permesso di dare una grande risonanza al calcio amputati, poichè tante persone, prima, non sapevano esistesse. Invece, adesso, anche per qualche video, anche per qualche gol, lo hanno conosciuto. Quindi è veramente importante ed è un passo avanti, anche perchè, tra tutti i gol che ci sono stati – erano candidati anche quelli di Mbappè, Messi, Ronaldo, Balotelli… -, ha vinto un calciatore amputato, “meritandolo anche”, perchè è stato un gol fenomenale e tutti quelli che lo hanno visto sono rimasti sbalorditi, sia perchè magari conoscevano poco questa disciplina, sia perchè è stata veramente una grande rete, quindi, oltre alla sorpresa, c’è anche tanta meritocrazia. E questo è importante per noi e per il calcio in generale, perchè poi si è mostrato anche un altro lato dello sport, che è quello sano e, soprattutto, divertente”. 

“Hai tagliato dei traguardi importantissimi e ne taglierai ancora, ma cosa diresti al Lorenzo di tanti anni fa, prima che intraprendesse questa strada?”

“È una bella domanda: sicuramente gli direi di seguire l’istinto e che il segreto per tutto è credere in sé stessi e avere disciplina. Sennò gli direi di non cambiare niente del suo viaggio, perché mi ha permesso di arrivare fin qui ed è un grande risultato ed un grande momento”. 

“Passiamo all’atletica: a Grosseto, nel 2019 hai stabilito il record del mondo sui 400 metri, migliorandolo successivamente ben due volte: come ci si sente a realizzare imprese simili?”

“Sì, fare il record del mondo non è mai una cosa banale: è stato, anche lì, un ripagare dei tanti sforzi compiuti da me, dai miei allenatori e da tutto lo staff che mi segue, quindi è stato un momento unico. Ci ho creduto in primis io, anche se l’atletica è veramente veramente difficile: è stato proprio quando ho iniziato a praticare questo sport che ho capito che il calcio “lo consideravo solo come un divertimento, come un gioco”, perchè appunto l’atletica è un’attività che ti fa capire quanto sia difficile anche semplicemente la disciplina della velocità, della corsa. Raggiungere quel traguardo – quel record del mondo – mi ha riempito il cuore e mi ha aperto la testa a raggiungere sempre un obiettivo in più, ad andare sempre oltre. Dunque, oltre che un’impresa, è stato un punto di partenza, potremmo dire”. 

Non solo sul prato verde ma anche in pista: in foto un allenamento di atletica di Lorenzo

“Hai vinto anche una medaglia d’oro sui 600 metri, un’altra sui 100 e ben 6 sui 400”. 

“Vincere una medaglia è sempre bellissimo. Lì, è stata un po’ una conseguenza del lavoro fatto; non guardo tanto i trionfi, ma quanto posso migliorare me stesso e posso dire di essermi divertito e di essermi tolto tante soddisfazioni, sia con le medaglie, che con altri risultati”. 

Lorenzo, detentore di una medaglia d’oro sui 600 metri, sfreccia in pista

“Nel dicembre del 2018, dopo il Mondiale, siete stati invitati in un’udienza a Roma da Papa Francesco, per ricevere i complimenti per i risultati conseguiti alla Coppa del Mondo. Siete orgogliosi di ciò?”

“Sì, siamo stati orgogliosissimi, eravamo anche onorati di essere davanti al papa, per ricevere i complimenti per questo grande traguardo, che era per noi un grande obiettivo, ma anche per tutta la nazione, perché rappresentavamo l’Italia. Essere chiamati da papa Francesco ed essere riconosciuti per il merito che abbiamo portato in alto – e non per essere degli atleti paralimpici, ma per aver portato il nostro Paese in una Coppa del Mondo – è stato bellissimo e, sicuramente, è stata un’emozione che non scorderò mai”. 

“Quanto è importante, per te, raccontare in giro per il mondo la realtà del calcio amputati? Come pensi che possa svilupparsi in Italia?”

“È veramente significativo portare il proprio pensiero ed essere nelle scuole, come in altre realtà, per mostrare e per fare conoscere il calcio amputati, che è una disciplina che, ancora oggi, è conosciuta ma non quanto dovrebbe, soprattutto in Italia. Quindi, per me, è veramente importante che se ne parli, che i ragazzi più giovani lo pratichino e ne parlino con i genitori, ma anche nelle scuole e ovunque. Per me, questa disciplina nella nostra nazione potrà espandersi veramente ma veramente tanto, come dicevo all’inizio, se entrerà a far parte degli sport paralimpici e, quindi, se andrà alle paralimpiadi. Lì, in tal caso, ci sarebbe un vero e proprio scoppio del calcio amputati, che verrà conosciuto e seguito da tanta tanta gente; di questo ne sono sicuro”.

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