L’amore per Vicenza, l’Europa League con il Palermo e la sfida contro Ronaldo ai tempi del Chievo – La nostra intervista a Nicola Rigoni
14 min readAbbiamo avuto l’enorme piacere di intervistare Nicola Rigoni, ex centrocampista del Chievo Verona ai tempi della Serie A. Ci ha raccontato i primi anni a Vicenza – che lo hanno visto esordire in cadetteria -, i 6 mesi intensi a Palermo – in cui si è regalato emozioni come il primo match in massima categoria e un gol in Europa League, ai danni dello Sparta Praga – e tanto altro. Dopo essere rientrato a casa, vestendo la maglia biancorossa per la seconda volta, è approdato alla Reggina, dove ha avuto un compagno come Di Lorenzo. Ci ha descritto quanto siano state costruttive, per lui, queste due avventure. Successivamente ha vissuto un anno e mezzo al Cittadella, una società che gli ha permesso di disputare quasi 50 gare in granata, timbrando anche il cartellino in qualche occasione, ma, soprattutto, aprendogli le porte ad un ritorno in A. Con il Chievo, infatti, Nicola ha scritto la pagina più bella della sua carriera, raggiungendo soddisfazioni uniche, che ci ha condiviso dettagliatamente: il 4-0 contro la Lazio, la partita contro il fratello, la rete a Napoli dopo nemmeno due giri di lancette, la sfida contro Ronaldo e tanto altro. Per concludere, dopo tre avventure interessanti con le maglie di Pescara, Monza e Cesena, ha deciso di tornare dove tutto è cominciato. In seguito ad un campionato con il Montecchio Maggiore, infatti, ha appeso gli scarpini al chiodo, passando alla Summania, società che lo ha visto crescere calcisticamente da piccolo, dove oggi lavora con il padre.
Ci teniamo davvero a ringraziare Nicola per la straordinaria disponibilità e la splendida occasione concessaci: è la prima occasione in cui intervistiamo chi ha preso parte ad una competizione come l’Europa League.
“Partiamo dal settore giovanile del Vicenza: nel campionato primavera facevate fatica e vincevate raramente, ma sei riuscito a ritagliarti, soprattutto nella seconda parte del torneo, un bel po’ di spazio. Quanto è stata costruttiva, per te, quell’annata?”
“È stata importante, perché già in quel periodo io mi allenavo con i grandi e, al sabato, visto che – data la mia giovane età – non trovavo spazio in prima squadra, andavo a giocare con la Primavera. Quindi è stato un anno formativo, anche poiché si iniziava ad affrontare squadre con giocatori di livello già in quella categoria”.
“Raccontaci un po’ l’esordio in Serie B contro il Brescia: come hai reagito quando mister Gregucci ti ha detto che saresti entrato in campo?”
“È stato un weekend un po’ strano, perché la prima squadra era un po’ decimata, quindi è stata una cosa improvvisata: mi hanno chiamato il giorno prima a fare allenamento e dopo il mister mi ha portato con i grandi, perché appunto mancava qualcuno, o per infortunio o per squalifica. È stata la mia prima convocazione in Serie B e, dopo quell’esordio, sono stato spesso ad allenarmi con loro. Il Vicenza ha perso quella partita 1-3, quindi nei minuti finali – nel recupero -, Gregucci mi ha messo dentro, diciamo anche per darmi questo contentino”.
“Nell’annata successiva hai ottenuto 5 presenze al torneo di Viareggio e avete battuto il Milan – che aveva in campo gente come Darmian, Romagnoli e Aubameyang – 3-4 ai rigori. Come ti senti ad aver affrontato giocatori di questo livello?”
“Quel Viareggio, rispetto ai campionati che abbiamo fatto, è stato molto positivo per il Vicenza – siamo arrivati in semifinale e abbiamo concluso in 4° posizione -. All’epoca quel torneo era davvero quotato; c’erano squadre che puntavano molto di più su questa competizione che sul campionato. Per una società come quella biancorossa è stato, dunque, oltre che una bella esperienza, anche un gran traguardo. Ho un ottimo ricordo di quel torneo”.
“L’anno dopo sei arrivato a quota 9 presenze, hai segnato contro il Piacenza e fatto assist contro il Grosseto. Quanto è stato speciale, per te, quel campionato?”
“Sì, è stato un bel campionato, perché a fine stagione sono riuscito a fare qualche partita dall’inizio, per cui diciamo che, dato che ero giovanissimo, è stata un’esperienza importante, poiché ho trascorso l’intero anno in prima squadra. E poi, come hai detto tu, a fine stagione non ho trovato solo minuti, ma anche il gol: è stato un tramonto dell’annata importante, anche perché mi ha permesso di stare in pianta stabile in prima squadra”.
“Sei maturato nel Vicenza, così come tuo padre, tuo fratello allena le giovanili del club biancorosso tuttora: quanto è speciale per te e la tua famiglia questa maglia?”
“Per noi è speciale, perché siamo vicentini dalla nascita. Ogni vicentino, seppur sia una piccola realtà calcistica, sogna sempre di vestire questi colori, quindi mi sento fortunato, anche come famiglia, perché ci siamo riusciti tutti – chi più, chi meno -. In ogni caso è stato un bel capitolo”.
“Nell’ultimo anno di questo primo capitolo a Vicenza – prima di andare a Palermo -, hai avuto come mister Maran, che sarà fondamentale per la tua carriera, soprattutto in Serie A con il Chievo. Qual era l’aspetto che più ti affascinava di lui?”
“Maran, fino a quell’anno, era sempre stato etichettato come un allenatore che faceva giocare soprattutto i vecchi e poco i giovani. È arrivato nella stagione in cui praticamente dovevo affermarmi, dopo le 9 presenze del campionato precedente, a 18 anni. Diciamo, per cui, che quella è stata la prima volta, in Serie B, in cui ero in prima squadra in pianta stabile. Ho giocato una ventina di gare, quindi un buon inizio per un diciannovenne; infatti mi ha sempre dato fiducia, nonostante la giovane età. Poi, magari sì, in certe gare preferiva altri, ma com’era giusto che fosse, perché in determinate partite l’esperienza conta tanto”.
“Ti sei poi trasferito al Palermo, guidato da Delio Rossi e con giocatori come Sirigu, Bovo, Balzaretti, Migliaccio, Nocerino, Pastore, Maccarone e non solo. Cos’hai provato quando hai affrontato il Maribor nei preliminari di Europa League, in un match molto teso?”
“C’è stato questo trasferimento nell’estate e sono arrivato in una squadra molto forte, soprattutto con obiettivi importanti, ovvero arrivare nella parte sinistra del campionato di Serie A. Mi sono ritrovato in un gruppo con giocatori dalle personalità molto forti, molti dei quali erano nei giri della nazionale, sia italiana che straniera – Pastore in Argentina, poi altri giocavano in pianta stabile per il proprio Paese -. Per me è stato un bello spunto, poiché vedevo questi ragazzi giocare ogni tre giorni ad alti livelli. È stata un’esperienza molto importante, seppur non sia durata tantissimo: quei 6 mesi a Palermo mi hanno dato tanto”.
“Hai collezionato 4 presenze in Europa League quell’anno, segnando contro lo Sparta Praga: parlaci un po’ di quell’avventura”.
“Ho giocato di più in Europa League, perché la rosa del Palermo era composta da giocatori giovani piuttosto forti e di grande prospettiva, per cui, se non si trovava spazio in campionato – l’obiettivo principale della società -, ci veniva concesso un minutaggio maggiore appunto in questa competizione. È stato particolare, perché era la prima volta in cui affrontavo squadre di campionati diversi. Dunque ero molto incuriosito di andare a giocare all’estero, per vedere un po’ le atmosfere e il livello calcistico che c’era. Anche Delio Rossi, in Europa League, mi ha sempre dato molta fiducia e sono contento. Ho avuto poi la fortuna di realizzare un gol: è stata un’esperienza bellissima”.
“L’esordio in Serie A?”
“Facevo parte di una rosa di Serie A e mi avevano preso con un progetto a lungo termine, di crescita, per cui sapevo che sarebbe potuto avvenire. Sono stati più emozionanti i primi giorni di allenamento che il debutto, che era, comunque, il sogno che coltivavo da quando ero bambino. Averlo realizzato a Palermo, in uno stadio importante, mi ha reso felice”.
“Inoltre, hai affrontato la Juventus, che aveva campioni come Chiellini, Bonucci, Marchisio, Quagliarella, Del Piero e non solo: quanto è stata importante per te, vista anche la tua età, quella stagione in rosanero?”
“Per me erano tutte esperienze nuove, di cui, forse, in quel momento non mi rendevo conto, perché avevo 19 anni. Magari adesso sto realizzando che in quel periodo, da giovanissimo, ho affrontato squadre importanti, composte da campioni che gli anni precedenti vedevo in TV”.
“Sei poi tornato a Vicenza e hai trovato, il primo anno, Maran, con cui avete ottenuto la salvezza, mentre nella stagione successiva, purtroppo, non siete riusciti a evitare la retrocessione, ma siete stati ripescati per un illecito sportivo del Lecce. Cosa puoi dirci di questa seconda avventura con la squadra della tua città?“
“Con Maran abbiamo condotto una bella stagione, arrivando ad una salvezza tranquilla. Il secondo anno abbiamo avuto qualche difficoltà: tanti giocatori nuovi, un po’ di problemi societari e un ambiente che era ostile nei confronti del club. Diciamo che la squadra ne ha sofferto parecchio: siamo retrocessi dopo i play-out, ma siamo stati ripescati”.
“Sei poi passato alla Reggina: è stata un’esperienza non semplice, poiché la squadra non otteneva ottimi risultati (retrocederà a fine stagione, ma tu te ne andrai a gennaio), ma comunque hai disputato 16 gare e collezionato un assist, giocando anche con compagni come Di Lorenzo. Cosa puoi dirci di quella esperienza?”
“Eravamo partiti con un presupposto totalmente diverso: fare un campionato di vertice, anche perché era il centenario della società. Erano stati fatti investimenti importanti, con anche dei giocatori di categoria, però anche lì, per varie vicissitudini, non siamo riusciti a fare bene, soprattutto a livello di squadra. Poi, sì, quell’anno c’era Di Lorenzo, che era giovanissimo e aveva appena 18 anni: veniva da un’esperienza di C ed era un ragazzo al primo anno in Serie B, ma si vedeva che aveva doti e prospettive importanti”.
“Successivamente sei andato al Cittadella, che, all’epoca, lottava per non retrocedere: lì hai trovato molta continuità sia nel primo – la metà di stagione successiva all’esperienza di Reggio Calabria – che nel secondo campionato. Tra l’altro, in questa seconda stagione in granata, hai segnato 3 gol nel giro di 4 partite e collezionato 33 presenze. Cosa ricordi di quell’anno? Come ti sentivi in quel momento?”
“Cittadella è stato un anno e mezzo, per me, molto importante. Ho trovato un ambiente che, secondo me, per fare calcio è l’ideale per un giovane che vuole mostrarsi, soprattutto tra i 22 e i 24 anni: ti mette nelle condizioni di esprimerti al meglio ed è una società solida, fatta da dirigenti competenti. Ho un bellissimo ricordo di quella realtà e di quel periodo, anche perché, dopo quest’anno e mezzo, mi ha permesso di andare in Serie A”.
“Sei poi passato al Chievo, in Serie A: una squadra che ha battuto 4-0 la Lazio alla seconda giornata, nel match successivo avete pure pareggiato con la Juve e, più avanti, avete ottenuto altre vittorie importanti. Quanto era forte quella squadra?”
“Era una squadra consolidata, che aveva un blocco di un paio di stagioni precedenti che manteneva e poi, ogni anno, inseriva 4 o 5 giocatori di prospettiva o altre sorprese. Infatti, siamo partiti bene e c’era un bel gruppo, fatto da brave persone – andavamo tutti d’accordo – e soprattutto da calciatori forti che, magari, non venivano considerati tali. Abbiamo fatto un campionato splendido, arrivando noni in classifica e, oltre tutto, abbiamo fatto delle partite importanti, così come anche le stagioni successive”.
“Tra l’altro, in una partita contro il Genoa, vinta 1-0, hai affrontato tuo fratello: che sensazione si prova?”
“Quella è stata una domenica importante, per me, per mio fratello e per la nostra famiglia. Diciamo che abbiamo visto realizzare il sogno dei nostri genitori: i due figli che si scontrano in una partita di Serie A. Quella domenica è stata speciale per la nostra famiglia”.
“Inoltre, nella gara successiva, hai fatto gol al Napoli – in trasferta – dopo nemmeno due minuti: come ti sei sentito in quel momento, nonostante la sconfitta?”
“È stata una grande gioia, perché è stato il mio primo gol in Serie A, in uno stadio importante, contro una squadra altrettanto importante, perché era il Napoli di Sarri. Non desideravo di meglio di timbrare per la prima volta il cartellino in massima serie in al San Paolo, davanti a 50.000 persone”.
“Un compagno molto importante, per te, ai tempi del Chievo, era Pellissier. Com’è il tuo rapporto con lui? Sei contento che abbia riacquistato il logo e il nome del Chievo?”
“Io e Sergio avevamo un rapporto buono anche se c’era anche un po’ di differenza di età, però è sempre stato per tutti un punto di riferimento – in spogliatoio, ma soprattutto in campo -. Trasmetteva la mentalità del Chievo in tutto, per cui diciamo che era un leader. Adesso, ogni tanto, lo vedo e ci parliamo con piacere: sono rimasto in buoni rapporti”.
“Nel campionato successivo hai totalizzato 12 presenze ed eri in campo nelle vittorie contro Inter, Fiorentina, Lazio e non solo. Sei stato sfortunato per un problema muscolare nella seconda parte del torneo, ma, comunque, quanto è stata bella, sia per te che per il collettivo, quella stagione?”
“Sì, è andata un po’ così, anche per questo infortunio nella seconda parte di stagione. Doveva essere – diciamo – l’annata della mia svolta: mi sarei dovuto consacrare in Serie A dopo l’anno precedente. Nel girone di ritorno ho avuto questo problema fisico che mi ha tenuto fuori per un paio di mesi, limitandomi il minutaggio, però sono contento: abbiamo raggiunto l’obiettivo, che per il Chievo era la salvezza. Chiaramente, a livello personale, non è stata una stagione positiva in termini di spazio trovato, a causa di quest’infortunio, però è andata bene lo stesso”.
“Anche l’anno dopo il Chievo è andato piuttosto bene – siete arrivati in tredicesima piazza -, ma in quel campionato è stato esonerato Maran: come hai vissuto ciò?”
“È stata una stagione in linea alle altre: siamo sempre stati distanti dalla parte bassa della classifica. Dopo i primi due anni, c’erano aspettative più alte, poi, verso il finale di campionato, c’è stato un calo e qualche risultato è mancato, dunque siamo arrivati nella zona rossa della classifica. Nelle ultime tre partite, la società, per dare una scossa, ha cambiato allenatore: personalmente mi è dispiaciuto, perché è Maran mi ha dato fiducia in Serie A, oltre che all’inizio della carriera. Nonostante non trovassi sempre spazio, mi definiva un suo fedelissimo, un “suo uomo”, appunto perché negli anni precedenti sono sempre stato con lui. Da qui il mio personale dispiacere. Con le ultime gare, però, siamo riusciti a conquistare il mantenimento della categoria, quindi è passato un po’ in secondo piano”.
“L’anno dopo avete giocato la prima di campionato contro la Juve, che aveva in campo un giocatore come Cristiano Ronaldo: cos’hai provato in quel momento? Quanto era forte quella squadra, contro cui, comunque sia, avete perso solo 2-3?”
“È stata una partita un po’ strana, perché era la prima di Ronaldo: non si parlava di altro in quelle settimane. Mi ricordo anche che quel clima era diverso rispetto a quello delle solite sfide: c’era la città – oltre allo stadio – blindata per il suo esordio. Sono felicissimo di essere sceso in campo in quell’occasione, soprattutto perché è uno dei giocatori più forti a livello mondiale – nei primi due, assieme a Messi -. Quindi sono contento di averlo affrontato, specialmente perché era il suo primo match in Italia”.
“Tornando indietro nel tempo – a proposito di Ronaldo -, un suo compagno che hai affrontato è stato Isco, ai tempi della Nazionale Under 20. Cosa puoi dirci della tua gara in azzurro contro la Spagna?”
“Di quella partita mi ricordo solo che abbiamo preso una bella batosta. Adesso non mi ricordo chi c’era in campo – sono sincero -, ma solo che non abbiamo mai visto la palla: non ho un bellissimo ricordo di quella gara. Per fortuna sono stato chiamato in altre occasioni, dalle varie nazionali giovanili: sono sempre state importanti per me, perché facevo parte di una rosa con ragazzi che venivano da grandi club d’Italia e io venivo da una piccola società come il Vicenza, dunque per me era grande motivo di orgoglio fare parte di queste associazioni”.
“Ritornando al Chievo, la stagione di cui parlavamo prima è stata complicata, perché siete retrocessi e, comunque, avete cambiato tre allenatori nella stessa stagione. Secondo te, cosa non è funzionato quell’anno?”
“Intanto, a inizio campionato, per la questione societaria, che, poi, negli anni successivi, ha portato al fallimento, ci sono state delle prime indagini sul caso dei bilanci. Siamo partiti con una penalizzazione di 7 punti, diventati successivamente 3. Poi abbiamo avuto anche il mercato bloccato, sempre per via di queste sentenze, dunque la società ha potuto fare ben poco: sono andati via giocatori, ma non si poteva acquistare. Ci siamo trovati a ridosso della prima di campionato con -3 punti in classifica e con una squadra incompleta, con degli innesti da fare ad un paio di giorni dalla fine del mercato. Quello è mancato: non sono arrivati i giocatori e la squadra, dunque, non è stata rafforzata nel modo corretto. Degli atleti interessanti sono arrivati, ma gli obiettivi iniziali erano altri”.
“Immaginiamo che tu abbia seguito gli Europei e che sia rimasto deluso dal risultato finale, ma tu hai avuto come mister Ventura, che non è riuscito a centrare la qualificazione ai Mondiali nel 2017. Cosa non funziona, secondo te, nella nazionale?”
“Oggi si dà molto più spazio agli stranieri, anche a livello giovanile, partendo dalle primavere stesse. Si preferisce andare a prendere uno straniero, piuttosto che valorizzare un giovane italiano: bisognerebbe chiedere come mai. È chiaro che, secondo me, bisognerebbe un attimo limitare questi acquisti e incentivare la valorizzazione, nei settori giovanili, dei ragazzi italiani, perché i risultati parlano chiaro: quando andiamo ad affrontare altre nazioni non siamo competitivi”.
“Dopo il Chievo sei passato al Monza: hai disputato solo 2 delle prime 10 gare, poi ti sei rivelato un punto fermo per la squadra, che ha vinto il campionato con 23 punti di campionato (sospeso, purtroppo, a causa del Covid). Quanto è stato positivo quel campionato per te?”
“Ho avuto un infortunio nella prima giornata che mi ha tenuto ai box per due mesi. Era un trasferimento che si sarebbe dovuto rivelare un progetto a lungo termine. Quell’annata si è conclusa con la promozione in Serie B, che era l’obiettivo stabilito. Purtroppo, gli anni dopo non è andata così: per altre scelte non ho più fatto parte del Monza, a livello di progetto tecnico. C’è un po’ di rammarico per com’è andata quell’esperienza”.
“Sei andato poi al Pescara e hai fatto un assist all’esordio proprio contro il tuo Chievo: come ti sei sentito in quella gara?”
“È stata la prima volta in cui ho affrontato il Chievo da avversario ed è stato emozionante, perché ho passato 4 anni in gialloblù, che reputo importanti per la mia carriera. Averli affrontati in B mi ha creato un po’ di dispiacere, perché, secondo me, per com’era strutturata ed organizzata la società, meritava di stare sempre in massima categoria. Però sì, è stato emozionante giocare contro la mia ex formazione”.
“Hai fatto anche un’esperienza a Cesena, purtroppo storpiata da un infortunio, ma come valuti quest’avventura? Cosa ci dici di mister Viali?”
“Cesena è stata un’esperienza molto bella, perché siamo partiti con una squadra giovanissima. L’anno precedente era arrivata ottava o nona in Serie C, ma quell’anno siamo stati fino alla fine addosso a due corazzate, che erano la Reggiana e il Modena. Avevano budget totalmente diversi – oltre che rose -. Con appunto anche la bravura di mister Viali e la sua organizzazione, soprattutto in campo, avevamo formato un bel gruppo: siamo sempre stati lì tutta l’annata, poi, insomma, la differenza tecnica si è vista. Abbiamo fatto una stagione a mio avviso importante: abbiamo sempre consolidato il terzo posto, peccato solo che siamo usciti ai play-off dopo una partita disastrosa. È un peccato, perché Cesena è una piazza che merita: adesso è tornata in Serie B, ma anche la cadetteria le sta un po’ stretta, per lo stadio, il pubblico e la società”.
“Dopodichè sei tornato vicino casa: sei prima approdato al Montecchio Maggiore da svincolato e poi alla Summania, dove oggi lavori come dirigente, con tuo padre. Quanto sei legato a chi ti ha sempre sostenuto e alle tue radici?”
“Era un mio obiettivo in questi anni tornare vicino alla mia famiglia una volta conclusa la carriera da calciatore professionista, dove siamo cresciuti sia io che mia moglie. Non mi aspettavo di tornare così in fretta, però il calcio mi ha dato tanto ed è giusto che adesso provi a dare qualcosa al mio paese, a questa società, il cui presidente è mio padre, assieme a Giacomo Enea. Tra l’altro è il club dove ho iniziato a giocare ed è giusto che dia una mano, per provare a fare le cose meglio, anche perché hanno un bacino ed un settore giovanile importante”.