Ottobre 3, 2024

Il terzo tempo

"When the seagulls follow the trawler, it is because they think sardines will be thrown into the sea"

Gaetano Scirea: un mito, un uomo, una leggenda.

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Cernusco sul Naviglio, 25 Maggio 1953. Qui è dove nasce Gaetano Scirea, uno dei giocatori più forti della storia, campione dentro e fuori dal campo, ma anche uno dei più sottovalutati.

Nato da una umile famiglia di operai, da giovane entra a far parte di una squadra di calcio a 7, salvo poi venire prelevato dall’Atalanta per farlo giocare nelle giovanili. Già lì si capirono le enormi qualità tecniche di Scirea, capace sia di segnare, sia , grazie alla sua straordinaria visione di gioco, di far segnare i compagni. Dopo aver compiuto l’età per poterci giocare, diventa stabilmente il titolare della primavera bergamasca, dove occupava il ruolo del libero, interpretandolo in campo però in un modo completamente diverso e rivoluzionario rispetto al classico modo dell’epoca, eseguendo anche incursioni nell’area avversaria, oltre che rilanci lunghi una volta recuperata la palla. In questo periodo alternò il calcio con il lavoro in officina.

il 24 settembre 1972 esordì in serie A al posto del libero titolare Savoia, poiché egli si era infortunato. In quel Cagliari-Atalanta Scirea stupì tutti per via della grande qualità e sicurezza che aveva in campo, nonostante la giovane età. Durante la stagione e in quella successiva diventò uno dei titolari dell’Atalanta, anche per via della sua duttilità, e venne schierato come centrocampista, libero e mezz’ala. Fu in questo periodo che si capì davvero la qualità del giocatore, un “difensore buono”, capace di intervenire in modo sempre regolare e di recuperare palla senza farsi ammonire, ma anche capace di far segnare e di segnare. Inoltre la sua straordinaria generosità e la calma con cui affrontava le partite furono un altra delle sue innumerevoli qualità.

Scirea ai tempi dell’esordio all’Atalanta

La Juventus e la nazionale: un amore durato tutta la vita

Nel 1974 la Juventus acquistò Scirea per 700 milioni di lire, più i cartellini di Giorgio Mastropasqua, Gian Pietro Marchetti e la comproprietà di Giuliano Musiello. La Juventus cercava un sostituto degno del libero titolare Sandro Salvatore, prossimo al ritiro, e Scirea si rivelò l’uomo giusto.

Già nella prima stagione Scirea aiutò la squadra a vincere lo scudetto, e da li in poi divenne un perno della squadra, capace nelle stagioni successive di vincere di tutto, grazie alla sua qualità, ma anche al suo carisma e professionalità. Nella stagione 1976-77 La Juventus e Scirea trionfarono in Italia e in Europa, vincendo il mitico scudetto dei 51 punti e battendo in finale di coppa UEFA l’Athletic Bilbao.

Nel 1981-82 contribuì alla conquista dello Scudetto e della seconda stella dei bianconeri, e nel 1982-83, grazie alla vittoria della Coppa Italia, riuscirono a conquistare anche la Coppa delle Coppe, battendo 2-1 il Porto in finale.

Il 1982 è probabilmente l’anno più importante della carriera di Scirea, dato che coincide anche con la conquista dello storico Mundial in Spagna. La nazionale italiana arrivò al mondiale da favorita, ma la stampa era scettica, sopratutto dopo i 3 pareggi nel girone di qualificazione. Però gli azzurri, grazie anche al silenzio stampa scelto dalla squadra, con solo il capitano Zoff che parlava con i giornalisti, e alla grinta di Enzo Bearzot, riuscirono incredibilmente a portare a casa il mondiale, battendo nel loro percorso Argentina, Brasile, Polonia e Germania Ovest. Durante il mondiale fu compagno di stanza dello stesso Zoff, che ancora oggi racconta quei giorni, e descrive Scirea come una sorta di uomo perfetto, gentile e tranquillo, capace anche con quella tensione addosso di mantenere i nervi saldi. Era chiamata “la Svizzera” la loro stanza dai compagni di squadra, per via della calma e della neutralità che aleggiava in essa. Zoff e Scirea furono grandi amici, e questa amicizia durò per tutta la vita di Gaetano. Ancora oggi Zoff ricorda Gaetano “era l’uomo più vicino alla perfezione che avessi mai visto: sempre calmo e tranquillo, buono con tutti, forse anche troppo, un esempio di professionalità ed educazione dentro e fuori dal campo, basta pensare che nonostante giocasse libero non ha mai preso un singolo cartellino rosso nella sua vita”.

Scirea insieme alla coppa del Mondiale dell’82

Dopo il mondiale, Scirea continua a vincere con la sua amata Juventus: nel 1983 divenne il capitano della squadra, vincendo anche il campionato durante quella stessa stagione. Nel 1985 da capitano vinse la storica Coppa dei Campioni della Juventus contro il Liverpool, già battuto nello stesso anno nella Supercoppa Uefa. che venne purtroppo però macchiata dalla tragedia che tutti conosciamo. A fine anno Scirea sollevò inoltre la Coppa Intercontinentale, battendo in finale i campioni sudamericani dell’Argentinos Junior.

La fine di tutto

Si ritirò dal calcio giocato a 35 anni nella stagione 1987-1988 dopo 377 partite di campionato e 552 totali con la maglia bianconera, diventando inoltre il primo calciatore in assoluto, insieme al compagno Antonio Cabrini, a conquistare tutte le competizioni calcistiche ufficiali per club.

Dopo aver smesso di giocare non smise però il suo amore per la Juventus: dopo il ritiro torno alla Juventus, come vice allenatore, insieme all’amico di una vita Dino Zoff, diventando anche un osservatore della squadra. Proprio quel ruolo, però, gli costerà la vita.

La Juventus doveva giocare una partita di Coppa Uefa contro il Gornik Zabrze, una modesta squadra polacca. Entrambi gli allenatori non sono convinti che serva un ulteriore osservazione degli avversari, ma il presidente Boniperti insistette, così Scirea andò in Polonia per osservarli. Ed è proprio lì che successe tutto: Gaetano stava tornando all’aeroporto di Varsavia su una vecchia Fiat. L’autista aveva caricato in macchina delle taniche di benzina per fare il pieno, e proprio quelle furono il problema. Ad un certo punto una macchina tentò di superare la Fiat, però ci andò a sbattere, provocando l’esplosione delle taniche e la morte di Scirea e di un altro uomo a bordo. Uno dei più grandi uomini e campioni della storia del cacio è morto così, fra le lamiere e le fiamme in una vecchia Fiat. Una fine indegna, che però è arrivata, perché la morte spesso arriva quando meno te lo aspetti. Senza quelle taniche, probabilmente oggi Gaetano sarebbe ancora vivo, a rendere il mondo un posto migliore. E proprio per questo ho scritto questo articolo, per ricordare questo grande campione, e questo grande uomo. E volevo ringraziarlo, per tute le volte che in campo ha incantato con le sue giocate, che andrebbero fatte vedere a scuola calcio per insegnare sia ad attaccare sia a difendere. Per tutto quello che ha dato al calcio italiano, e anche alla nazionale. Per l’uomo che è stato, sempre disponibile, gentile e buono con tutti, avversari e compagni. E per non dimenticare, perché troppo spesso Gaetano non viene ne ricordato ne riconosciuto come uno dei più grandi della storia, e io nel mio piccolo ho cercato di ricordarlo.

Grazie Gaetano, grazie di tutto.

Era uno dei giocatori più forti del mondo, ma era troppo umile per dirlo o anche solo per pensarlo. Il suo essere silenzioso e riservato forse gli toglieva qualcosa in termini di visibilità, ma certamente gli faceva guadagnare la stima, il rispetto e l’amicizia di tutti, juventini e non. Questo non significa che fosse un debole o che non avesse niente da dire: al contrario, era dotato di una grande forza interiore e sapeva parlare anche con i suoi silenzi. Io e lui avevamo caratteri completamente opposti, ma stavamo bene insieme. Una volta venne a trovarmi al mare e giocammo insieme a nascondino. Una cosa strana per dei professionisti di serie A, invece faceva parte del nostro modo di stare insieme e di divertirci in maniera semplice. Nel calcio d’oggi credo che si sarebbe trovato un po’ spaesato, ma solo a livello personale. Calcisticamente era uno molto competente e avrebbe saputo rendersi anche autorevole. Diciamo che personaggi con il suo carattere, al giorno d’oggi, nel mondo del calcio non ce ne sono più. 

Marco Tardelli, parlando di Gaetano Scirea

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