Maggio 18, 2024

Rinat Dasaev e il gol che fece cadere l’Unione Sovietica.

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9 Novembre 1989, in Germania cade il Muro di Berlino e inizia ufficialmente il declino dell’URSS, che poi arriverà allo scioglimento nel 1991. Un giorno storico per tutto il mondo, ma che era già stato, se vogliamo, preannunciato da una partita dell’anno prima: il 3-0 dell’Olanda contro la Nazionale Rossa, che ha segnato simbolicamente la fine sportiva e politica dell’URSS, che da li in poi non ha ottenuto più vittorie importanti in ambito sportivo. Ma ha segnato anche la fine di un uomo, Rinat Dasaev, il portiere titolare di quella partita, l’erede dello storico Lev Yashin: oggi siamo qui per raccontare la storia di quella partita, e anche cosa successe al povero Rinat dopo questa sconfitta.

La partita

25 Giugno 1988, finale dei campionati Europei di Calcio in Germania Ovest: all’Olympiastadion di Monaco di Baviera si gioca Olanda-URSS, una partita destinata a rimanere nella storia. Sicuramente la formazione degli Oranje era una delle più forti della storia, e poteva vantare tra i titolari anche i 3 olandesi del Milan, Rijkaard, Van Basten e Gullit, il capitano di quella formazione. Dall’altro lato c’erano diversi giocatori molto forti, che avevano vinto e giocato per quasi tutta la vita in patria, e su tutti spiccava il capitano, il portiere Rinat Dasaev: conosciuto in patria con il nome di “Cortina d’Acciaio”, si era caricato sulle spalle la pesante eredità di Yashin, e si era guadagnato una fama grande quasi quanto quella del suo predecessore. In patria aveva già vinto tutto, e voleva aggiungere al suo palmares un Europeo da capitano, che lo avrebbe sicuramente glorificato tra i grandi del calcio sovietico, calcio di cui ancora non sapeva che sarebbe l’ultimo portiere della storia.

La partita alla viglia appariva equilibrata: le due squadre si erano piazzate prima e seconda nel loro girone, lo stesso dell’avversaria, e l’Olanda aveva trionfato in semifinale sulla Germania Ovest, mentre l’URSS era riuscita a superare l’Italia 2-0. La finale fu però un disastro per l’URSS, ed in particolare per il loro capitano: Dasaev venne infatti prima sorpreso da un gol di Gullit su assist di Van Basten, un colpo di testa imparabile, ma sul secondo dello stesso Van Basten gol non è esente da colpe: venne infatti superato da un pallonetto al volo da posizione defilata.

La partita finì 2-0, e il secondo gol in particolare è ricordato come la fine dell’URSS nello sport: il pallonetto, l’umiliazione nei confronti del capitano Dasaev, la Cortina di Ferro, in patria venne vista come uno smacco enorme, che sarà poi ricordato negli anni; questo gol è diventato uno dei più iconici della storia, sia per la bellezza sia per il significato poi attribuitogli.

“Ricordo quel gol, mi sentii umiliato, ma a dirla tutta Van Basten ebbe fortuna: calciò il pallone lungo una traiettoria che non pensavo potesse centrare la porta”

Rinat Dasaev

La fine e la rinascita di Dasaev.

Quel gol però non stabilì solo la fine simbolica dell’URSS, ma anche quella della carriera di Dasaev: infatti nello stesso anno egli passò al Siviglia, dove inizialmente ebbe un ruolo da titolare. Le brutte prestazioni però gli fecero perdere il posto da titolare, e precipitò in una spirale di disgrazie che afflissero la sua vita: cadde in depressione, iniziò ad essere dedito all’alcool e a causa di ciò si ruppe anche la mano in un incidente. Dopo le brutte prestazione del 90′ al mondiale venne ufficialmente allontanato dalla nazionale, e nel 1991 si ritirò a 34 anni dal calcio giocato. Dopo il ritiro continuo a bere ed ebbe un altro incidente a Mosca, a causa di cui finì in rianimazione. La moglie lo lasciò, e Dasaev tornò in Spagna tentando di rifarsi una vita: aprì un negozio di articoli sportivi, ma fallì e quindi tornò in patria, dove visse come un vagabondo. Solo dopo diverso anni, grazie a un amico che lavorava nello Spartak Mosca, Dasaev abbandonò l’alcool e tornò a una vita normale come allenatore di portieri. Nel 2005 poi ha aperto una scuola calcio a Mosca, dove è tutt’oggi il direttore. Vista l’importanza della sua figura, ha partecipato anche al comitato di organizzazione dei mondiali in Russia nel 2018.

Insomma la vita del portiere russo non è stata sicuramente facile. Possiamo dire che ha avuto la sfortuna di essere l’icona dell’URSS nel periodo peggiore della storia dello stato comunista, e anche essere l’erede di Yashin ha sicuramente contribuito a mettergli ancora più pressione. E’ anche una storia di rinascita la sua, di come abbia saputo uscire dalla depressione e dall’alcoolismo rifacendosi una vita. Purtroppo spesso poco ricordato, è stato un grande giocatore, ed è giusto secondo me che la sua storia sia divulgata il più possibile, per far si che gli vengano attribuiti i giusti meriti per la sua grande carriera.

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