Luglio 27, 2024

Il terzo tempo

"When the seagulls follow the trawler, it is because they think sardines will be thrown into the sea"

Alberto Pomini: la storica scalata raccontata da un’icona neroverde – La nostra intervista all’ex portiere del Sassuolo 

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Abbiamo avuto il piacere di intervistare Alberto Pomini, ex estremo difensore, tra le altre, di Sassuolo e Palermo. Icona del Sassuolo, ha militato per 14 anni nella squadra neroverde e ha partecipato attivamente alla scalata dalla C2 alla A della squadra oggi allenata da Dionisi. In seguito ha giocato nella calda piazza di Palermo, per poi vestire i colori di Spal e Venezia, dove ha anche ottenuto la vittoria del campionato di cadetteria. Ha recentemente annunciato il suo ritiro dal calcio giocato ed attualmente sta intraprendendo una strada come allenatore dei portieri. Noi membri del sito ci teniamo a ringraziarlo per la sua disponibilità, anche perché siamo riusciti a realizzare un’intervista molto interessante e ricca di spunti: abbiamo parlato della sua carriera, del ruolo del che ha interpretato per molti anni e tanto altro.

“Non molti da piccoli sognavano di fare il portiere, anzi, spesso l’esatto opposto. Cosa ti ha spinto a volerlo diventare?”

“Sin da quando giocavo per strada da piccolo, ero solito buttarmi per terra spesso e prendere la palla con le mani: era, se vogliamo, una mia vocazione, e tra i miei amici ero famoso per questo. Perciò, quando a 6 anni io e alcuni di loro andammo a giocare nella squadra del paese, alla domanda dell’allenatore su chi volesse andare in porta, un mio caro amico fece il mio nome. Quindi, è stata una cosa praticamente spontanea, come se fosse stato già scritto che dovessi diventarlo”.

“La tua impresa più grande è stata sicuramente la cavalcata con il Sassuolo dalla C alla A. Raccontaci come è accaduta.”

“Io ho passato 14 anni in neroverde – praticamente tutta la mia carriera – e sicuramente questa cavalcata è stata uno dei miei più grandi successi, anche perché ho avuto la fortuna di viverla tutta. All’epoca il Sassuolo era ancora una realtà piccola: lo stadio aveva i gradoni, il campo era un po’ messo male, insomma, nessuno si aspettava che sarebbe accaduto ciò. Però, poco alla volta, anno per anno, abbiamo iniziato a scalare le classifiche, la società puntava in alto, era serie e volevo investire, di conseguenza la rosa migliorava sempre stagione per stagione. Nessuno se lo aspettava, ma alla fine è successo ciò che tutti sappiamo: abbiamo raggiunto la Serie A. Penso che questa sia una delle più grandi imprese della storia del calcio italiano ed ha anche fatto affermare un club che comunque ancora oggi milita nella massima categoria, quindi sono molto orgoglioso di aver potuto vivere quest’avventura”.

“Sei stato gran parte della carriera al Sassuolo, club di cui detieni anche il record di presenze consecutive. Com’è per te essere una bandiera di questo club?”

“Il Sassuolo è stata sicuramente la squadra che più mi ha dato nella mia carriera. Come ho detto anche prima, ho passato 14 anni stupendi in quella società e, nonostante negli ultimi anni non giocassi molto, mi sono sentito sempre molto apprezzato. Insieme a Magnanelli ho ricevuto anche le chiavi della città, quindi è praticamente una seconda casa per me. Sono davvero contento di aver potuto far parte della storia di questo club”.

“Chi è stato il compagno di squadra con cui più hai legato?”

“Per me questa è una domanda molto difficile, poiché ho avuto tantissimi compagni durante la mia carriera e con molti di loro sono rimasto legato. Mi vengono in mente Gazzola,  Missiroli, Magnanelli e Masucci, ma davvero non vorrei far torto a nessuno non nominandolo, anche perchè dopo che ho detto questi me ne sono venuti in mente altri. Però comunque, dovendo sceglierne 2, direi Magnanelli e Masucci, con cui ho condiviso buona parte della mia carriera a Sassuolo”.

“Anche con Gianluca Pegolo, tuo compagno di ruolo, hai condiviso moltissimi anni, pure prima del Sassuolo”

“Sì, anche con lui in particolare ho avuto un bellissimo rapporto: abbiamo fatto le giovanili insieme al Verona e siamo arrivati a Sassuolo praticamente nello stesso periodo. Avevo anche una scommessa in atto con lui per chi avrebbe smesso prima e alla fine ha vinto lui. Anche dopo che le nostre strade si sono separate siamo comunque sempre rimasti in contatto: lo considero un ottimo amico ancora oggi”.

“Dopo Sassuolo hai giocato a Venezia, Palermo e SPAL: come giudichi queste esperienze?”

“Sono state entrambe delle esperienze fantastiche: Palermo è una piazza caldissima, e diciamo che rispetto a Sassuolo era molto diverso: le partite allo stadio, gli allenamenti, tutto era enfatizzato dalla passione della città per il calcio e, di conseguenza, anche viverla da calciatore era molto intenso. Anche a Venezia è stata una bellissima avventura, nonostante giocassimo a porte chiuse causa Covid: siamo riusciti a vincere il campionato di B e ad arrivare in A. In seguito ho anche avuto una breve esperienza alla SPAL, dove però purtroppo non ho giocato molto. Però, comunque, tra tutte queste, ho preferito il mio capitolo a Palermo, veramente stupenda come tappa del mio cammino”.

“C’è una partita che ricordi in particolare che magari ti è piaciuta di più per come l’hai giocata e vissuta?”

“Quella forse più intensa è stata Sassuolo-Livorno, che ci ha portati in Serie A. E’ stata la più unica a livello emotivo, per la preparazione settimanale, per l’importanza, per l’atmosfera e per tutto quello che si è creato. Però quella a cui sono più legato, come ho già detto 150.000 volte, è, sempre in quel campionato, Sassuolo-Verona, perchè io, essendo tifoso dell’Hellas Verona, cresciuto nel settore giovanile gialloblù, insomma… Parare un rigore sotto la curva del Verona, dove avevo tanti amici… il campionato poi è andato avanti per un bel po’, però ci aveva permesso di allungare sul Verona stesso e quindi per me è stato veramente emozionante, sia da giocatore che da tifoso”.

“Nella tua carriera hai affrontato moltissimi giocatori. Ti ha colpito in particolare qualcuno di loro?”

“Un’altra domanda molto difficile. Io ho passato la maggior parte della mia carriera in Serie B e quindi diciamo che mi sento più legato a quelli con cui ho avuto grandi sfide proprio in cadetteria: non avendo vissuto la Serie A da protagonista in campo, non mi sentirei di rispondere gente come Totti o Milito. In B ricordo le grandi sfide contro Ciccio Caputo, attaccante veramente forte, che poi ha anche meritatamente raggiunto la categoria più alta del calcio italiano e la nazionale, e anche quelle contro Daniele Cacia, un altro che ha raggiunto la divisione più alta da titolare e che penso detenga ancora oggi il record di gol segnati in B”.

“Recentemente hai annunciato il tuo ritiro dal calcio giocato: come è stato prendere questa decisione?”

“Mentirei se dicessi che è stata una decisione facile; è stata una scelta non dico obbligata, ma comunque è arrivata in parte perché non mi si è presentata l’occasione di continuare a giocare. Da parte mia avrei continuato per qualche altro anno, ma comunque ho capito che sarebbe stato solo un rimandare ciò che prima o poi sarebbe dovuto arrivare, cioè il ritiro. Quindi ho preferito adoperare questa soluzione e, a posteriori, posso dire di essere soddisfatto di ciò. Attualmente ho anche iniziato a fare l’allenatore di portieri, e ammetto che la cosa mi sta piacendo”.

“Negli ultimi anni è avvenuta una vera e propria evoluzione del ruolo del portiere, da semplice difensore aggiunto a vero e propria regista della manovra. Che pensieri hai su questo cambiamento che ha avuto il ruolo?”

“Guarda, personalmente mi piace tantissimo questa nuova piega che sta prendendo il ruolo del portiere e uno dei miei rimpianti più grandi è non averla potuta vivere in prima persona. Penso che coinvolgere l’estremo difensore nell’azione sia una cosa che possa darti moltissime possibilità in più e che sia anche stimolante avere questa responsabilità in più in campo. Quando avrò possibilità di allenare con più continuità certamente cercherò di trasmettere questa cosa ai miei ragazzi. Ovvio che un portiere deve prima di tutto saper parare, ma, dato per scontato questo, ad alti livelli saper impostare penso che nei prossimi anni sarà sempre più importante. Anzi, personalmente trovo che in futuro il portiere sarà un vero e proprio difensore aggiunto, che dovrà effettuare movimenti proprio come un normale centrale difensivo, con molta più libertà rispetto ad oggi”.

“Un po’ come faceva già Neuer nel 2014?”

“Sì, diciamo che Neuer è stato un precursore di ciò. Negli ultimi anni 2 portieri hanno cambiato il ruolo: Gigi Buffon, che è rimasto al top praticamente per 25 anni, e appunto Neuer, che è stato il primo a interpretare in modo più libero lo stare tra i pali. Come ho già detto, penso che in futuro si arriverà, con le giuste proporzioni, ad avere una sorta di portiere volante”. 

“E oggi cosa deve avere un portiere per essere considerabile valido?”

“Sicuramente, oltre al saper parare, ha bisogno del fisico: quando ho iniziato a giocare io i portieri alti 1,85-1,86m c’erano ed erano considerati validi, ma oggi anche in Serie A è difficile vederne di più bassi di 1,90m, anche perchè i giocatori stessi sono diventati sempre più grossi. Poi un’altra cosa molto importante è la lettura tattica: oggi tutte le grandi squadre hanno portieri con una grande lettura tattica, come Ederson al City, Alisson al LIverpool e, secondo me, queste due cose sono fondamentali oggi, nel calcio moderno”.

“Quali sono secondo te i portieri migliori al mondo attualmente?”

“Premetto che io sono sempre stato uno molto attento alla tecnica, quindi posizionamento e tecnica individuale per me sono fondamentali. Oggi vedo come migliori al mondo portieri come Ederson e Maignan, che comunque sanno fare benissimo sia fase difensiva, ovvero parare, che impostazione. Poi ci sono altri interpreti del ruolo, diciamo più “vecchio stampo”, anche se non è il termine proprio corretto, che comunque ritengo fortissimi: Courtois e, soprattutto, Vicario, che penso che nel futuro potrà diventare veramente uno dei top mondiali”.

“Parlando d’Italia, chi dovrebbe essere titolare in nazionale secondo te?”

“Sicuramente è una sfida ardua, ma penso che Gigio Donnarumma sia, nonostante tutto, il portiere italiano più forte: è da quando ha 16 anni che gioca titolare nelle più importanti squadre europee e direi che un motivo ci sia. Comunque però ci sono moltissimi altri portieri forti italiani: lo stesso Vicario nominato prima, Di Gregorio che al Monza sta dimostrando ottime cose, Meret –  campiona d’Italia -, Provedel che l’anno scorso è stato il portiere con più clean sheet in Italia, Turati e Carnesecchi che adesso stanno esplodendo, Montipò che ha fatto una gran stagione, Consigli che da anni gioca titolare in A. Ne parlavo poco tempo fa in un’altra trasmissione e abbiamo fatto davvero fatica a trovare un portiere italiano che non abbia fatto una grande stagione: attualmente penso che l’italia sia la migliore scuola per portieri al mondo”.

“Ultima domanda di oggi: come vedi il Sassuolo questa stagione?”

“Ho guardato il Sassuolo quest’anno e trovo che il gioco della squadra sia davvero ottimo, soprattutto grazie a Dionisi che è un grande allenatore. L’unico grande problema che trovo nella squadra credo sia la molta poca esperienza e infatti ha fatto vedere in queste partite che si esalta con le grandi, ma poi con le piccole perde punti facendo errori proprio dettati da questa inesperienza. Penso che questa sarà una stagione di transizione in cui la squadra dovrà puntare alla salvezza, senza avere l’obbligo di fare punti, per far crescere i giovani che ha”.

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