Ottobre 14, 2024

Il terzo tempo

"When the seagulls follow the trawler, it is because they think sardines will be thrown into the sea"

Gli insegnamenti di De Zerbi, il gol contro Jorginho e gli allenamenti con Verón e Adriano – La nostra intervista a Roberto Floriano, esterno del Desenzano

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Abbiamo avuto il piacere di intervistare Roberto Floriano, ala sinistra del Desenzano che ha scelto di giocare in Serie D dopo tanti anni tra campionati di spessore ancor più elevato. Cresciuto nelle giovanili dell’Inter, ha avuto il grande onore di allenarsi con gente come Veron e Adriano, crescendo sempre di più non solo come atleta. Più avanti ha militato nel Tritium, squadra allenata da Vecchi che disponeva di un calciatore del calibro di Casiraghi, dove ha segnato contro la Sambonifacese in una partita in cui giocava un certo Jorginho. Successivamente – in seguito ad un capitolo all’Alessandria e ad una parentesi non proprio felice nel calcio bulgaro – si è reso protagonista di una stagione formidabile con il Mantova, coronata da 19 gol e 11 assist, per poi trasferirsi al Barletta. In seguito si è trasferito al Pisa, giocando con atleti che hanno poi intrapreso grandi carriere. E poi c’è stato il Foggia, con De Zerbi, un allenatore che sta facendo benissimo anche in Premier League e che gli ha fatto vedere il calcio con occhi diversi. In questa squadra tornerà dopo una bella avventura con la Carrarese, dove ha giocato con Simone Bastoni, Gennaro Tutino, Luca Miracoli e Stefano Pellizzari – di questi ultimi due trovate interviste su pochepalle.it – e giocherà finalmente in B, in un campionato in cui troverà la prima rete contro il Brescia. Poi c’è stata l’esperienza con il Bari – una delle più positive della sua carriera – seguita da una serie di annate favolose con la maglia del Palermo, che ha poi lasciato per approdare al Sangiuliano City e, più avanti, al Desenzano. 

Ci teniamo a ringraziare vivamente la società e il giocatore per averci permesso di realizzare questa intervista con una personalità davvero interessante.

Il protagonista della nostra intervista (Foto Calcio Desenzano)

“La tua esperienza nel settore giovanile dell’Inter? Come hai reagito alla chiamata di questa società e chi sono i compagni che ti ricorderai per sempre?”

“Allora, è una storia un po’ complicata, perché, in realtà, sono nato in Germania, dove ho vissuto per dodici anni dove ho iniziato a giocare. Mi volevano tante squadre professionistiche tedesche, ma mio padre, essendo italiano, ha scelto l’Inter. Quindi sono approdato in nerazzurro; l’esperienza, sicuramente, è stata bella: sono rimasto lì 8 anni. Il compagno che ha vissuto tanto con me, che poi ha fatto anche lui la Serie B, è Nicolas Giani, che ha giocato anche qui a Desenzano, oltre che alla FeralpiSalò, in quest’ultimo periodo. Di grandi calciatori ne ho visti passare tanti, poiché in Primavera, comunque, ti alleni con la prima squadra e quindi i vari Veron, Adriano e tanti altri. Sicuramente è stata una bellissima esperienza”. 

“Hai segnato contro Jorginho in un Tritium-Sambonifacese. Chiaramente, ai tempi non era ancora esploso come calciatore, ma, se riguardi la partita, che sensazioni provi? Fu, inoltre, una partita molto accesa: 3 espulsi e voi compiste una grande rimonta” 

“Era l’anno in cui, con il Tritium, eravamo in C2. Mi sa che, in quella Sambonifacese, c’era anche Brighenti. Sicuramente è una cosa strana, perchè poi, quando ci ripensi e poi vedi che Jorginho è diventato un top player – ha vinto anche l’Europeo con la Nazionale – fa impressione ed è bello”. 

“Parlaci un po’ di più del Tritium: avete vinto il campionato e in panchina c’era Vecchi, che ha poi portato la Feralpi in B. Inoltre, in squadra, c’era gente come Casiraghi, che sta facendo benissimo in cadetteria. Quanto ti ha fatto maturare questo capitolo della tua carriera?” 

“Vecchi è uno degli allenatori che porto con me, assieme a Baldini, De Zerbi e Stroppa. Questi, secondo me, sono stati i quattro allenatori più bravi che ho avuto. Poi, oltre a Casiraghi, c’era anche Dionisi, che oggi allena il Sassuolo, quindi era una squadra che aveva qualcosa in più delle altre e Casiraghi si vedeva già che era un giovane molto promettente. Anche lui ha dovuto fare un po’ di gavetta, però adesso sembra che anche in B possa fare veramente la differenza. Sono contento per lui”. 

“Nella tua avventura al Mantova hai totalizzato 19 gol e 11 assist in 33 partite. Quanto sei orgoglioso di queste tue statistiche? Da cosa deriva, oltre che dalle tue qualità, questo stupefacente risultato?”

“Quell’annata è stata particolare, poi, alla fine, ci fu la promozione nella C unica. Come ho detto, è stata una stagione insolita. Però, sicuramente, è stata quella in cui sono esploso e che mi ha fatto capire di avere le mie potenzialità al massimo. Quel campionato mi ha dato tantissime soddisfazioni; Mantova è un’altra piazza che io mi porto nel cuore, perchè, oltre alla stagione che ho fatto, mi sono trovato in una città molto bella, in cui sono stato particolarmente bene, ho creato delle amicizie. È stato un periodo veramente fantastico”. 

“Sei arrivato al Pisa e il livello si è alzato: hai avuto in squadra calciatori di grande spessore come Manuel Iori, Simone Sini, Andrea Arrighini, Francesco Stanco e Paolo Rozzio. Siete arrivati quinti, quanto è stata formativa questa stagione?”

“Quell’anno sono arrivato a gennaio e noi dovevamo stravincere il campionato, perchè era l’anno in cui c’era Braglia e la squadra del Pisa era forse una delle più forti con cui ho giocato. Purtroppo, però, per vari motivi non siamo riusciti a vincere il trofeo e siamo arrivati quinti: è stata un’annata un po’ fallimentare. L’esperienza di aver giocato in una piazza bellissima e di aver conosciuto dei compagni con cui, comunque, tutto sommato, sono abbastanza legato – perchè c’erano anche Misuraca, Mandorlini e non solo – è stata importante. La porto come un’avventura magari, a livello calcistico, negativa, ma per la ragione appena citata anche positiva”. 

“Con il Foggia hai trovato la via del gol contro il Lecce (che, tra l’altro, aveva un certo Pessina in panchina) in una partita molto sentita. Avete vinto 4-0, che emozione è stata?”

“Quella è stata una partita molto particolare, perchè io sono di origine leccese e, quindi, insomma… mi ha fatto piacere, visto che, comunque, ero un giocatore del Foggia ed era una squadra che, con De Zerbi in panchina, era veramente forte. Ero contento, poiché vestivo la maglia rossonera, ma la situazione, a Lecce, per i tifosi e per mio padre leccese, non mi ha fatto molto piacere”. 

“Visto che hai citato De Zerbi, adesso sta sicuramente facendo un lavoro pazzesco con il Brighton ed è probabilmente l’allenatore italiano di cui più si sta parlando. Raccontaci di lui: la cosa più importante che ti ha insegnato? Cosa ti piaceva di lui, parlando sia di aspetti legati al campo, che come persona? Ti aspettavi potesse arrivare così in alto?”

“Con De Zerbi è stato un po’ un odio-amore, nel senso che lui mi ha voluto a tutti i costi ed è stata un’annata dove ho subito percepito che sarebbe diventato uno degli allenatori più forti, perché si vedeva subito come trasmetteva gli allenamenti, quello che ti dava in campo e come giocavamo. Tanti provano a “copiare” i suoi metodi, ma non capiscono che sì, copiare può andare bene, ma è come spiega e trasmette le cose ai giocatori, che fa la differenza. E lui, in questo, era un fenomeno. Infatti, credo che a tutti quelli che hanno avuto De Zerbi sia rimasto qualcosa a livello calcistico, perchè ti fa vedere questo sport in maniera diversa. Come quando tutti dicono di Guardiola che, una volta che lo hai, percepisci il gioco in maniera diversa. Ecco, De Zerbi ha questa capacità”. 

“Successivamente sei approdato alla Carrarese, dove hai messo a segno 11 gol in 20 incontri. Cosa ricordi più volentieri di quella stagione?”

“Durante quell’annata sono diventato anche papà, quindi la ricordo anche per mia figlia. Certamente, Carrara è un’altra piazza dove ho fatto bene, dove, comunque, abbiamo raggiunto l’obiettivo. È stato l’anno che poi mi ha portato a ritornare a Foggia e fare la Serie B. Quindi, sicuramente, è stata una stagione che mi ha fatto crescere molto”.

“Parliamo dei tuoi compagni di squadra di quell’anno. Innanzitutto, c’era Tutino, che sta facendo molto bene al Cosenza, poi hai avuto come compagni di spogliatoio anche Stefano Pellizzari e Luca Miracoli, che abbiamo intervistato. Cosa sai dirci di loro due?”

“Sono tutti ragazzi bravissimi, di cui ho un bel ricordo. Tra l’altro, c’era anche Simone Bastoni, che ha poi vinto con lo Spezia, adesso gioca in Serie A. Quest’ultimo era giovane, così come Pellizzari e Tutino; Luca era un po’ più grande. Credo che sia stata una stagione che abbia fatto crescere tutti. Tutino due anni dopo è esploso. Bastoni ha vinto a Trapani, poi è andato a La Spezia, mentre Pellizzari ha trionfato a Reggio. È stata un’annata formativa e tutt’ora capita di sentire qualcuno”. 

“Dopo tanta C sei arrivato in B con il Foggia, che emozione hai provato quando hai segnato il primo gol in questo campionato contro il Brescia?”

“È stata una bellissima emozione, perchè, dopo tanti anni in cui avevo fatto parecchio bene in C, sono riuscito ad arrivare in cadetteria. A Brescia, tra l’altro, avevamo anche pareggiato, quindi avevamo ottenuto un punto in un momento complicato; poi, sicuramente, fare gol in uno stadio dove hanno giocato grandi campioni, come magari il mio idolo Baggio, sicuramente è molto emozionante”.

“Parlando sempre di B, hai fatto 2 gol in 12 minuti contro la Salernitana, raccontaci quella partita”

“Quella gara era arrivata in un momento cruciale della stagione, perchè Stroppa era un po’ in bilico. In quella partita sono entrato, ho realizzato due gol e abbiamo vinto, proprio prima di Natale. È stato bello, perché era un altro stadio emozionante, c’era tanta gente, poi c’era molta rivalità tra Foggia e Salernitana. Ho fatto una bellissima doppietta”. 

“Cosa ti ha spinto ad andare in D, vestendo i colori del Bari, dopo la Serie B?”

“È stata una scelta tanto difficile, perchè, comunque, quell’anno, in B, feci 5 gol e 4 assist in 20 presenze. Mi ero anche infortunato, avevo avuto dei problemi. Vedevo che, da parte del Foggia, non c’era più quell’interesse di volermi tenere e diciamo che, per merito anche di Giuntoli, mi arrivò una proposta molto convincente. Poi era difficile dire di no ad una piazza come Bari e, quindi, penso di aver fatto, alla fine, una delle scelte migliori della mia vita, perchè dopo abbiamo vinto e mi sono fatto volere bene anche da questa città. È stato un bellissimo capitolo per me”. 

“Torniamo indietro: hai militato nel campionato bulgaro. Quanto è diverso da quello italiano?”

“La Bulgaria è un’esperienza che mi porto dietro, ma non è stata positiva. Dovevo firmare in Serie B scozzese, ma poi, alla fine, decisi di andare nella massima categoria bulgara, perché c’era un allenatore che avevo avuto ad Alessandria, il quale mi aveva convinto ad andare lì. Purtroppo, però, la società non era seria, infatti feci poche presenze, non vedevo l’ora di andar via e poi ci sono riuscito. In quella competizione le prime tre-quattro possono anche starci nella Serie A del nostro Paese. È come se ci fossero tre-quattro categorie nello stesso torneo. Magari le ultime sono una C e quelle a metà una B, mentre le prime tre da A, infatti magari fanno l’Europa League”.

“Hai ritrovato continuità al Palermo, magari non giocando quasi mai partite per intero, ma comunque realizzando 5 gol. Come valuti quest’avventura?”

“Palermo è stata una delle mie esperienze più belle: ho fatto tre anni dove ho vinto comunque due campionati. Tra l’altro, feci anche 4 gol ai play-off. L’ultimo anno di quella avventura – non quello di B, ma di C – misi a segno 10 reti e comunque un bottino simile a 36 anni, in una piazza così, è stata una bella emozione, incoronata poi dal discorso che abbiamo vinto i play-off davanti ai 35.000 che erano allo stadio, con tutti i tifosi che ci seguivano. Quella, probabilmente, è l’esperienza più bella che mi porto nel calcio”.

“Parlando sempre dei Rosanero, hai giocato alcune partite con la fascia da capitano al braccio, rivedendo anche la B, quindi quanto ti fa piacere aver lasciato un bel ricordo di te in una piazza così grande?”

“Penso che sia quasi un onore, perché, quando si pensa a questa piazza, si pensa sempre ad un ambiente che ha fatto per tantissimi anni la Serie A ed è una delle città più grandi d’Italia – la quinta -. Dunque, aver indossato la fascia da capitano e aver rappresentato questa città sono motivo di orgoglio e sono contento di aver lasciato un bellissimo ricordo a questa gente”. 

“Dopo un’esperienza al Sangiuliano City sei arrivato al Desenzano, che aspettative hai da questa stagione?”

“Questa stagione deve fungere da rivincita per me: purtroppo, l’anno scorso, quando poi decisi di andare via da Palermo per avvicinarmi a casa, abbiamo ottenuto questa retrocessione, che è stata una mazzata, perchè non mi era mai successo: avevo sempre giocato per vincere. Quindi è stata una bella botta e spero, quest’anno, di potermi rifare. Ci sono i presupposti per fare un bellissimo campionato, sperando magari di vincerlo”. 

“Hai un obiettivo di reti da raggiungere per questa stagione, oppure, giocando un po’ più “fuori dai radar”, cercherai di vivere quest’anno con un po’ più di spensieratezza?” 

“Gli obiettivi personali fanno sempre piacere, però io credo che, alla fine, la cosa più importante sia vincere, pertanto sarebbe bello poter conquistare questo campionato. Quindi l’obiettivo è quello, se poi si raggiunge la doppia cifra… è sempre una cosa che va aggiunta, che dà un contributo alla squadra per mettere le mani sul trofeo. Dunque, per un esterno, arrivare ad almeno dieci gol è una cosa che si cerca di ottenere ogni anno”. 

L’ex calciatore del Palermo, approdato da poco in Serie D (foto Calcio Desenzano)

“Ultima domanda un po’ più “generale”: il calcio ci ha dato l’impressione di essere cambiato tanto, con meno attaccamento alla maglia, meno valori trasmessi e sempre più soldi. Ci sai dire come vivi tu tutto ciò, visto che sei dentro questo sport da tanti anni?”

“Hai detto bene, nel senso che il calcio, purtroppo è cambiato: ci sono troppi soldi – non in Italia, soprattutto all’estero -. Noi siamo professionisti, per noi è un lavoro. Quando arrivano delle richieste importanti, il giocatore, purtroppo, spesso non pensa magari a quello che rende felice un tifoso, ma al suo lavoro personale. Purtroppo è così. Quando ho fatto queste grandi piazze, in generale, ho sempre cercato di vivere all’interno delle città, di non abitare mai nemmeno leggermente fuori, per poter anche avere dei confronti con le persone. A Palermo, ad esempio, invece di andare a vivere magari a Mondello, abitavo proprio in città. Perchè scendi, prendi un caffè e conosci le persone: un po’ ti viene di stare attaccato a quella maglia, secondo me, andando oltre al fatto che lo fai per professione. Sono dei piccoli metodi che possono fare in modo di legare ancora di più con la piazza e capire cosa rappresenti in quel momento”. 

Roberto Floriano in una delle sue classiche incursioni sulla fascia (Foto Calcio Desenzano)

Un’altra fotografia del calciatore cresciuto nel settore giovanile dell’Inter (Foto Calcio Desenzano)

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