Luglio 27, 2024

Il terzo tempo

"When the seagulls follow the trawler, it is because they think sardines will be thrown into the sea"

La favola Danimarca a EURO 1992: una vittoria da ripescata

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Siamo in Svezia, è l’inizio del mese di giugno del 1992 e, ancora non lo sappiamo, ma sta per accadere qualcosa di incredibile, qualcosa che non era neanche nella più remota delle ipotesi.

In quel mese di quell’anno, dal 10 al 26 giugno si svolse la nona edizione del campionato europeo di calcio, l’ultimo a 8 squadre, che quell’anno vide la prima e unica vittoria della Danimarca in questa competizione, una vittoria che possiamo considerare magica per il popolo danese.

Il girone di qualificazione e la causa del ripescaggio

Ma facciamo un passo indietro : innanzitutto, partendo dalle qualificazioni a questo Europeo, notiamo subito che la Danimarca si trovava in un girone con Austria, Jugoslavia, Isole Fær Øer e Irlanda del Nord; collezionò 13 punti, dati da 6 vittorie, 1 pareggio e 1 sconfitta in 8 partite (ricordiamo che ci troviamo nell’epoca dei 2 punti a partita). La nazionale biancorossa sconfisse 2-1 l’Austria, 4-1 le Isole Fær Øer, 2-1 l’Irlanda del Nord ma perse 0-2 contro la Jugoslavia nel girone d’andata; quanto al girone di ritorno, invece, sconfisse 0-3 l’Austria, 0-4 le Isole Fær Øer, pareggiò 1-1 con l’Irlanda del Nord e vinse 1-2 con la Jugoslavia. Quindi, tutto sommato, la Danske Dynamite fece un buon girone di qualificazione, peccato che la Jugoslavia, con un punto in più, si piazzò al primo posto proprio davanti agli scandinavi, i quali dunque si trovavano in quel momento fuori da quell’edizione degli Europei. Però, negli anni che vanno dal 1991 fin verso la fine del 2001, nei territori dell’ex-Jugoslavia purtroppo si scatenò una violentissima guerra che non permise alla nazionale di calcio di giocare quell’Europeo in Svezia: il 1 giugno 1992, la UEFA inviò un fax alla sede del ritiro della nazionale jugoslava a Stoccolma. Questo fax comunicò alla nazionale l’esclusione da qualsiasi tipo di competizione sportiva per il motivo spiegato sopra. A questa comunicazione seguì la disperazione dei calciatori che, già in Svezia per il ritiro, si stavano preparando alla competizione che per loro sarebbe iniziata appena dieci giorni dopo, ma che non li vide partecipi. La Jugoslavia stava vivendo un momento splendido per quanto riguarda il calcio: la Stella Rossa vinse la Coppa dei Campioni nel 1991, la nazionale al Mondiale del 1990 era stata fermata solo dall’Argentina di Maradona ai calci di rigore e nel 1992 questa nazionale era una delle favorite. Ricordiamo solo un’immagine che simboleggia l’ultimo momento di unità del paese prima della separazione in diversi stati perché di fatti bellici non vogliamo parlare: raccolti e disperati intorno al fax inviato dalla UEFA c’erano serbi, montenegrini, macedoni, sloveni e perfino un bosniaco, che dopo questo momento non sono più stati uniti.

Ora la UEFA doveva trovare una nazionale che sostituisse la Jugoslavia, e quella più quotata era la Danimarca, arrivata seconda nel girone di qualificazione. Al contrario di come si potesse pensare, i giocatori danesi non erano già in vacanza: avevano un’amichevole in programma e una buona parte di essi era ancora impegnata nel campionato nazionale, che sarebbe terminato l’8 giugno, solo due giorni prima dell’inizio dell’Europeo, ma il primo giorno del mese la federcalcio danese ricevette una telefonata che le comunicò il ripescaggio e di conseguenza la partecipazione a “Svezia 1992”. L’allenatore in carica era Richard Møller Nielsen, poco amato dal popolo danese per essere considerato troppo difensivista e dal carattere spigoloso (litigò con Michael Laudrup e questo non sarà presente all’Europeo), che alla prima sessione di allenamento con la sua squadra dichiarò di essere lì per vincere il torneo. La dichiarazione fu seguita da una risata generale, ma c’era un altro giocatore che ci credeva, l’allora portiere del Manchester United Peter Schmeichel, il quale assieme a Brian Laudrup, fratello di Michael, spiccava per le sue capacità nella rosa della nazionale danese.

I fratelli Laudrup.
Il portiere Peter Schmeichel.
L’allenatore Richard Møller Nielsen.

Il girone

Inizia l’Europeo e la Danimarca gioca la prima contro l’Inghilterra: finisce 0-0 e forse la Danske Dynamite meritava qualcosa di più; alla seconda ci sono i padroni di casa della Svezia che riescono a imporsi per 1-0 con il gol di Per Tomas Brolin. Ora le cose si complicavano poiché la terza partita metteva davanti alla nazionale biancorossa la Francia allenata da Michel Platini, che tra l’altro era considerata la favorita principale per questa competizione. Ma non basta battere questo squadrone, poiché è necessario anche che la Svezia batta l’Inghilterra. La situazione è davvero complicata. Le cose però cambiano, perché sull’autobus che riportava i giocatori in hotel dopo l’allenamento, Henrik Larsen vede un cartello indicante un minigolf, allora i giocatori chiedono all’allenatore di poter andare a giocare, e sorprendentemente Møller Nielsen, conosciuto per la sua disciplina, accettò, visto che per lui la spensieratezza poteva essere la chiave per fare la prestazione e magari portare a casa il risultato (con l’Inghilterra la Danimarca giocava senza pressioni e totalmente spensierata, invece con la Svezia c’erano più aspettative). Siamo al 17 giugno, e la banda di Richard Møller Nielsen si gioca il passaggio del turno, ma per farlo deve battere la favorita Francia e contemporaneamente sperare che la Svezia batta l’Inghilterra. Così fu. La Dinamite Danese batte 1-2 la Francia andando in vantaggio due volte e i Tre Leoni vennero inaspettatamente sconfitti dai padroni di casa che, assieme all’altro paese scandinavo del girone, passano il turno a scapito delle due favorite nel Gruppo A.

Danimarca in semifinale: il sogno continua

La nazionale biancorossa si aggiudica quindi con 3 punti il passaggio del turno e la semifinale contro i Paesi Bassi che nel girone erano passati da primi con 2 vittorie e 1 pareggio, ottenendo così 5 punti. Ma non hanno ancora fatto i conti con quel maledetto genio del CT danese, che un’altra volta concede ai suoi uomini la possibilità di svagarsi e li lascia andare a mangiare al Burger King, una mossa apparentemente controproducente quando sei la Danimarca e devi giocare una semifinale di un Europeo contro l’Olanda a quel punto favorita, ma il piano di Møller Nielsen è semplicemente far giocare i suoi ragazzi senza pressioni, con tranquillità e spensieratezza. E il 22 giugno la semifinale si decide ai rigori dopo i tempi regolamentari che terminano 2-2 con la Danimarca che due volte va in vantaggio e due volte viene ripresa, prima da Bergkamp e poi da Rijkaard, e i tempi supplementari in cui gli scandinavi soffrono stringendo i denti, andando così a decidere la gara dagli unidici metri. Si sa: quando si va dal dischetto è sempre una lotteria. Ci vuole la bravura di chi calcia, la bravura del portiere e spesso tanta fortuna. La Danske Dynamite è infallibile: Larsen, Povlsen, Elstrup, Vilfort e Christofte non sbagliano, 5 su 5. Invece, per l’Olanda commette un errore chi di errori ne commetteva pochi quando si trattava di calciare in porta: il secondo rigore, quello di Marco Van Basten, viene neutralizzato da Peter Schmeichel che, alla fine dei conti, regala ai suoi la finale contro la Germania Campione del Mondo.

La parata di Schmeichel sul rigore di Van Basten.

26 giugno 1992: una finale per entrare nella storia

A questo punto i danesi non possono mollare, sanno di essere a un passo da fare la storia, ma prima c’è un immenso scoglio dipinto di nero, rosso e giallo a bande orizzontali da superare. Sarà un esodo di massa del popolo danese che in occasione del 26 giugno 1992 si sposterà dalla Danimarca alla Svezia per sostenere la propria nazionale e avere la possibilità di assistere a una vera e propria impresa. Ma prima di parlare della partita, dovete sapere che mister Richard Møller Nielsen ha compiuto la terza magia di questi venti giorni, permettendo alle mogli dei calciatori danesi sbarcate in Svezia per assistere alla finale, di dormire con loro la notte prima della partita. E allora il 26 giugno 1992 a Göteborg, alle ore 20.15 comincia Danimarca-Germania, una partita che potrebbe consacrare i tedeschi come Campioni d’Europa dopo la vittoria del Mondiale oppure far entrare la Danske Dynamite nella storia. La partita inizia e al 18esimo minuto di gioco, dopo un inizio propositivo dei tedeschi, gli scandinavi riescono a recuperare palla in attacco e da dentro l’area John Jensen sgancia un missile terra-aria su cui non può nulla Illgner. La Danimarca è avanti. A questo punto il sogno si trasforma in una possibilità concreta e la banda danese subisce a più riprese gli attacchi dei giocatori tedeschi, ai quali mette una pezza un grande Schmeichel; sottolineiamo anche un gioco non brillantissimo caratterizzato da diverse perdite di tempo da parte della Danimarca che avvenivano con modalità all’epoca regolari, infatti bastava passare la palla al portiere, a cui era consentito prenderla con le mani e far passare così un bel quantitativo di secondi (in seguito a questo episodio la FIFA e la UEFA modificarono questa regola come la conosciamo oggi). Successivamente, quando siamo giunti al 78esimo giro di lancette, Kim Vilfort dribbla due difensori e dal limite dell’area calcia rasoterra prima baciando il palo e poi gonfiando la rete. A questo punto mancano dodici minuti più recupero, un tempo che sarà passato probabilmente nel modo appena descritto e in cui la Germania non ha potuto fare più di tanto. L’arbitro Bruno Galler fischia tre volte e la Danimarca, contro tutti i pronostici e da ripescata, vince il primo e unico Europeo della sua storia. Capitan Olsen alza al cielo un trofeo storico per il suo paese e tra il popolo danese scoppia la festa.

Le formazioni della partita.
Il momento dell’alzata della coppa.

Due menzioni d’onore

Adesso però, ci sentiamo in dovere di fare due menzioni d’onore: una per l’allenatore Richard Møller Nielsen e una per Kim Vilfort che segnò il 2-0 in finale. Partiamo col dire che il tecnico a inizio torneo si trovava il suo intero paese contro di lui per la sua rigida disciplina, per il suo gioco difensivo e per aver avuto qualcosa da ridire con Michael Laudrup, probabilmente il giocatore più talentuoso di quella Danimarca che non presenziò tra i convocati. Dunque, l’inizio non fu facile ma il mister, come detto prima, aveva un’idea chiara che presentò anche ai suoi calciatori: vincere l’Europeo. Nel corso della competizione si accorse che ai suoi calciatori serviva svago e spensieratezza, perciò concedette loro qualcosa che probabilmente qualsiasi altro allenatore in una qualsiasi altra situazione non avrebbe concesso. Il risultato fu la vittoria dell’Europeo e la fiducia di un paese riconquistata. Richard Møller Nielsen è stato bravo a non mollare mai e con determinazione ha trasmesso ai suoi calciatori la carica giusta.

Invece, per quanto riguarda Kim Vilfort, che ipotecò il risultato della finale, la menzione d’onore è doverosa ma allo stesso tempo è più dolorosa rispetto a quella per l’allenatore. Vilfort, prima di partire per la Svezia con il resto della squadra, chiese a Nielsen la possibilità di lasciare il ritiro in caso di necessità per tornare in patria e stare vicino a sua figlia Line di sette anni, malata di leucemia. Il mediano danese non giocò la partita contro la Francia per tornare da sua figlia che era stata ricoverata, e poi, prima della finale, il CT gli concesse di andare a vedere Line, la quale quando lo vide gli chiese:” Papà, batterete la Germania, vero?”. Kim mantenne la promessa, ma dopo essere salito sul tetto d’Europa, un mese e mezzo più tardi dovette sopportare il dolore derivato dalla scomparsa della figlia, morta di leucemia. Difficile dire che quella vittoria non fu anche per sua figlia Line.

Kim Vilfort.

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